Cinghiali ormai troppo pericolosi per colture e persone
Nel 2017 nel Lazio danni per 4 milioni di euro
Ormai da anni non è raro avvistare branchi di cinghiali sia in città che in campagna (o montagna) a causa del loro incremento che neanche la caccia riesce a tenere sotto controllo. Ed è sempre meno raro ritrovarsi cinghiali a pochi metri, perfino nei parchi pubblici frequentati da mamme e bambini. Addirittura può capitare di ritrovarseli "tra i piedi" in campagna, dove la popolazione degli ungulati, a differenza di quella che "frequenta" la città, dovrebbe essere più che mai selvatica e di conseguenza ben più schiva. I vecchi cacciatori ricordano ancora come una volta, prima di una battuta di caccia, fosse vietato lavarsi perfino i denti. Ora, invece, può capitare che un "solengo" - ossia un esemplare di maschio adulto - grufoli senza alcun timore dietro la panchina dove s'è fermata un momento una signora riccamente profumata. E ciò non va bene, non è naturale. Negli Stati Uniti o in altri Stati europei, gli animali selvatici pericolosi che non temono di avvicinarsi all'uomo, vengono abbattuti. Aldilà del numero crescente degli incidenti stradali provocati dagli ungulati e dei danni alle colture, pur preoccupante, maggior timore è dato dall'aumento degli attacchi alle persone, che nel ritrovarseli a pochi metri hanno spesso reazioni spontanee che infastidiscono il pur ormai sfacciato cinghiale, soprattutto se si tratta di una femmina con i suoi piccoli. E guai a pensare che le femmine di cinghiale siano innocue: anche le irsute "mamme" hanno zanne affilatissime, seppur meno evidenti di quelle dei maschi, in grado di lacerare come fossero rasoi. Nella Capitale, in particolare nei quartieri più a Nord, confinanti con il Parco di Vejo, le segnalazioni sono ormai quotidiane: dal Parco dell'Insugherata alla Giustiniana, da Castel Fusano alla Bufalotta. "Particolarmente critica la situazione nei 15 parchi urbani e perurbani - spiega Coldiretti - con i cinghiali sempre più spesso "in libera uscita" tra le trafficate vie della città alla ricerca di cibo intorno ai cassonetti. Nell'ultimo anno, nel Lazio, i danni stimati per gli agricoltori si sono attestati intorno ai 4 milioni di euro (circa la metà nella provincia di Roma) con conseguenze disastrose per la sopravvivenza e competitività delle imprese. Danni che tra l'altro - spiega Niccolò Sacchetti, presidente di Coldiretti Roma - praticamente non vengono mai risarciti, tanto che molti produttori sono stati costretti a cambiare colture, mentre altri non presentano neanche più la domanda. L'emendamento approvato dalla Regione sul selecontrollo è un primo passo importante, ma serve agire rapidamente perché le imprese non possono più aspettare. Inoltre, sarebbe opportuno attivare una filiera delle carni di cinghiale che ne permetta la commercializzazione e garantisca i consumatori. Altre regioni l'hanno già fatto, con successo, creando opportunità di lavoro per tanti operatori". Del resto, fino ad oggi, il problema, nel Lazio, non era mai stato affrontato seriamente, così come è stato sottovalutato in tutta Italia, permettendo che la popolazione crescesse senza alcun controllo. Oggi il numero degli ungulati supera abbondantemente il milione di esemplari.