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Via alla procedura di morte cerebrale per il bimbo lanciato dalle scale a Rebibbia

Gettato dalla madre insieme alla sorellina di sei mesi deceduta sul colpo

Davide Di Santo
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Non ce l'ha fatta il bambino di due anni gettato dalle scale dalla madre, detenuta nella casa circondariale di Rebibbia, insieme alla sorellina di 6 mesi, deceduta sul colpo. "Si è conclusa la procedura di accertamento di morte cerebrale - spiega in un bollettino l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù - La commissione incaricata dell'accertamento ha dovuto confermare purtroppo lo stato di morte cerebrale del bambino. Si valuta ancora, insieme alle autorità giudiziarie e al centro nazionale e regionale per i trapianti, la possibilità di donazione di organi". Un precedente bollettino del nosocomio romano aveva evidenziato le condizioni disperate del piccolo in "coma areflessico con elettroencefalogramma isoelettrico", cquadro che aveva spinto i sanitari a ad avviare la procedura di accertamento di morte cerebrale.  La Procura di Roma, che indaga sul duplice omicidio avvenuto ieri nel carcere di Rebibbia ad opera di una detenuta tedesca che ha scaraventato i figli (Faith nata a Monaco di Baviera il 7 marzo scorso e il fratellino Divine nato sempre a Monaco il 2 febbraio del 2017) per le scale del nido, lancia un appello per rintracciare al più presto il padre, il nigeriano Ehis E., di cui non si hanno notizie da tempo. E' necessario il consenso dell'uomo, infatti, perché si proceda all'espianto degli organi di Divine del quale è stata dichiarata oggi la morte cerebrale. La detenuta, la 33enne Alice, attualmente sottoposta ad arresto in stato di flagranza (che il gip convaliderà nelle prossime ore), non è stata in grado di dire al procuratore aggiunto Maria Monteleone e al pm Eleonora Fini, dove si trovi attualmente il padre dei due bimbi. I tempi sono strettissimi (tanti bambini sono in attesa di un trapianto di organi) e "il nigeriano - è l'appello lanciato dai magistrati - è pregato di contattare la direzione sanitaria del Bambin Gesù al numero 0668592424 oppure i carabinieri del reparto investigativo di via In Selci allo 0648942931".  "Ho liberato i miei bambini, adesso sono in Paradiso", ha detto ieri ai magistrati e lo ha ripetuto oggi al suo difensore la 33enne tedesca di origine georgiana. L'avvocato Andrea Palmiero ha potuto incontrare la donna, in arresto in flagranza di reato, nel reparto di psichiatria dell'ospedale Pertini dove si trova. Al penalista la tedesca è apparsa cosciente di quanto compiuto. "Sapevo che ieri era in programma l'udienza davanti ai giudici del riesame che dovevano discutere della mia scarcerazione - ha aggiunto -. Ma intanto ho liberato i miei figli". La donna era finita in carcere il 28 agosto scorso a Roma perché trovata in possesso di 10 chilogrammi di marijuana. Adesso, dovrà fare i conti con l'accusa di duplice omicidio: sarà il gip nelle prossime ore a pronunciarsi sulla richiesta di convalida inoltrata dal procuratore aggiunto Maria Monteleone e dal pm Eleonora Fini. Intanto è stata decisa dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, la sospensione per la direttrice della casa circondariale femminile di Roma-Rebibbia, Ida Del Grosso, per la sua vice, Gabriella Pedote, e per il vicecomandante del reparto di Polizia penitenziaria, Antonella Proietti. I provvedimenti sono stati adottati dal capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini. Da ieri, inoltre, è in corso un accertamento ispettivo da parte del Dap. Quella di Rebibbia "è stata una tragedia e se ho preso un provvedimento di sospensione rispetto ai vertici di quella sezione del carcere significa che ho ritenuto che sono stati fatti errori", ha detto il ministro della Giustizia parlando al programma 'L'aria che tira' su La7. "Il messaggio - ha sottolineato Bonafede - deve essere chiaro: nel mondo della detenzione non si può sbagliare. Quel mondo vive in condizioni gravi; io mi sto impegnando e penso non solo ai detenuti, ma anche agli agenti penitenziari. Tuttavia - ha aggiunto - se vedo qualcosa che non deve accadere io prendo subito provvedimenti". Quanto alle critiche di chi dice che la donna non doveva stare in carcere, per il ministro "tutti si improvvisano tuttologi. Sono i magistrati a decidere quando si può fare la detenzione domiciliare e non è detto che a casa quei bimbi sarebbero stati più sicuri". 

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