Parnasi parla, Roma trema
Politici allo Stadio terminale
«Pagavo tutti». Luca Parnasi ha ammesso che i finanziamenti dati ai politici e alle fondazioni, nonché le consulenze elargite, rappresentavano una «captatio benevolentiae», un «credito» da poter vantare al momento opportuno, quando cioè si sarebbero presentati ostacoli burocratici nell'iter di approvazione del progetto per la costruzione del nuovo stadio dell'As Roma. Nell'interrogatorio fiume iniziato alle 17 di mercoledì nel carcere di Rebibbia e conclusosi ieri alle 15 (con un'interruzione di 12 ore per permettere a tutti di dormire), il costruttore romano arrestato il 13 giugno scorso ha vuotato il sacco, ammettendo numerose responsabilità, ma contestualizzandole. Ha confermato l'assunto su cui si fonda l'accusa di corruzione, contestata dai pm Paolo Ielo e Barbara Zuin a lui e a Luca Lanzalone. L'avvocato genovese arrivato a Roma a gennaio 2017, anche se non aveva formalizzato il suo rapporto con l'amministrazione attraverso un contratto retribuito, era di fatto il referente del Comune sulla questione stadio. E lo è rimasto anche dopo essere stato scelto dal sindaco nel ruolo di presidente di Acea. «L’ho conosciuto a una riunione dove c’era anche la Raggi, poi siamo restati in contatto», ha spiegato Parnasi agli inquirenti, confermando quello che già il primo cittadino aveva riferito ai magistrati nella sua testimonianza. Il rapporto tra l'imprenditore e Lanzalone sarebbe poi cresciuto all'ombra del Campidoglio, consulenza dopo consulenza. Parnasi sperava di far sorgere lo stadio giallorosso grazie alle sue entrature. E Lanzalone rappresentava un tassello chiave... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI