Condannato il ras delle bancarelle. Era il grande accusatore dei vigili
Per Augusto Proietti due anni di reclusione
“La vergogna continua”. Questo è il titolo di uno dei capitoli della numerosa videografia di Augusto Proietti, crociato per la battaglia dei venditori ambulanti contro i presunti soprusi (denunciati più e più volte sul canale YouTube del “Re degli ambulanti”) dei vigili urbani romani. Ma l'ultimo round, combattuto nelle aule del Tribunale di Roma, ha visto il corpo della Polizia di Roma Capitale vittorioso. Il giudice monocratico ha infatti condannato in primo grado a due anni il Ras della vendita per strada a due anni di reclusione con le accuse di resistenza, minaccia e oltraggio a pubblico ufficiale. I fatti contestati dai pm si muovono nello spazio del biennio 2011-2013 e si iscrivono nel compendio delle schermaglie che sarebbero avvenute fra l'ambulante e i vigili. Ma con toni ben più accesi, come quando il 64enne romano si sarebbe avvicinato al personale in servizio nel II municipio “tenendo in mano – scrive l'accusa – una bottiglia contenente benzina” e affermando “che volete sequestrà sto banco? E mo ce penso io – si legge nell'imputazione – do foco a tutto come ho fatto l'altro ieri”. La situazione in cui il Proietti avrebbe agito sarebbe stata all'arrivo dei vigili intenti a sequestrare merce e licenze della mercanzia esposta in strada. “Non fa er malandrino – avrebbe detto opponendosi a un altro controllo come rileva l'accusa – ve denuncio e ve faccio passà li guai […] pezzi de m…a datemi le vostre matricole”. Fra gli addebiti a carico dell'ambulante capitolino, per i quali il pm Gabriella Chiusolo aveva chiesto un anno di reclusione, anche l'irruzione nell'ufficio del capo dipartimento delle Attività Produttive a suon di “ti aspetto sotto casa – scrive la procura – e ti do una martellata […] ti do una mattonata in faccia”. Numerosi gli episodi in cui il giudice ha decretato la colpevolezza del Proietti, sebbene per altre contestazioni (ingiuria, procurato allarme e interruzione di pubblico ufficio) il giudice ha assolto l'imputato per insussistenza del fatto.