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Botte, minacce e ricatti. Ma il fatto non sussiste

Le carte segrete dell'inchiesta sulle violenze dei "comitati per la casa". Il Tribunale però chiude il caso. E spunta il patto Alemanno-centri sociali

Andrea Ossino
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Circa quattro anni di processo. Denunce, video, audio e testimonianze. Ma «il fatto non sussiste». Non sussistono le minacce ipotizzate dai pm, le percosse narrate dalle vittime, gli sgomberi forzati o le manifestazioni alle quali famiglie, donne, bambini, anziani e malati dovevano partecipare se non volevano perdere l'appartamento occupato dal Comitato di Lotta per la Casa, a Casale De Merode. Le motivazioni con cui il tribunale di piazzale Clodio assolve le 15 persone indagate dal sostituto procuratore Francesco Minisci, attuale presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, mettono la parola fine al primo round di una vicenda complessa. Secondo i giudici non emergono reati. Eppure gli atti depositati scattano la fotografia di uno Stato che ha perso parte della sua sovranità in una zona a sud della Capitale. L'OCCUPAZIONE DI CASALE DE MERODE La vicenda inizia nel 2005, quando 200 persone occupano due palazzine in via del Casale de Merode. Fino al 2011 era un'occupazione pacifica, ma quando sarebbero arrivati nuovi vertici del movimento il clima sarebbe peggiorato. «Il tutto aveva inizio allorché – si legge negli atti – nel corso della festa organizzata sabato 16 giugno 2012 (un 19enne ndr) offendeva, rivolgendole frasi e simulando atti a carattere sessuale» la fidanzata di Luca Fagiano, uno dei capi del movimento. Un insulto fatto da un ragazzino era costato l'appartamento occupato alla sua famiglia. Per buttare fuori la madre del giovane «avevano dato vita a una brutale aggressione ai suoi danni», sostiene l'accusa. «Circa 20 persone, tutte esterne all'immobile di via Casale de Merode, (aggredirono ndr) con calci e pugni tutta la famiglia», si legge nella denuncia depositata il 7 agosto 2012. Stessa sorte era toccata a una donna (e alla nipotina) intervenuta per difendere la vittima. Illazioni: «Il fatto non sussiste»... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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