Il processo d'appello
Omicidio Di Pietrantonio, il pg: confermate l'ergastolo. Paduano: sono un mostro, mi vergogno
"Non posso meritare la pace", "non mi perdonerò mai" per "aver tolto a Sara la possibilità di diventare grande" e "mi vergogno di quello che ho fatto". Così parla davanti ai giudici d'appello Vincenzo Paduano, condannato all'ergastolo in primo grado per aver ucciso e dato alle fiamme la ex fidanzata Sara Di Pietrantonio. "Vorrei poter dare spiegazioni ma non ho ricordi di quella notte", dice l'ex vigilante, piangendo in aula, durante le dichiarazioni spontanee rese davanti ai giudici della Corte d'Appello di Roma. Non si riconosce, aggiunge, nel "mostro" che è stato capace "di tanta violenza e di tanto male". "Sono certo però che è mia responsabilità", sostiene, spiegando di aver preso consapevolezza del suo gesto solo in carcere e che questa sarà la sua "condanna da scontare per sempre oltre a quella del processo". In aula i genitori della vittima ascoltano in silenzio, i volti tesi dal dolore infinito che solo l'assassinio tanto efferato di una figlia può dare. Per Paduano "provo solo sdegno - dirà ore dopo la madre di Sara, Concetta, lasciando il tribunale - dopo due anni di prigione vuole farci vedere il bravo ragazzo che chiede scusa ma io non gli credo, lui è un manipolatore e io non cadrò nella trappola in cui è caduta mia figlia". L'accusa chiede per l'imputato la conferma della condanna all'ergastolo. "Ciò che lo ha spinto all'omicidio - afferma davanti ai giudici la pm Maria Gabriella Fazi - non è stata la gelosia ma la perdita del potere di predominio su Sara che per lui era un oggetto di sua proprietà". In primo grado, Paduano è stato condannato all'ergastolo, con rito abbreviato, il 5 maggio del 2017, a un anno dall'omicidio di Sara, uccisa il 29 maggio del 2016. Sara e Paduano erano stati insieme per un paio di anni, allontanandosi e riavvicinandosi a più riprese, fino a tre settimane prima dell'omicidio, quando Sara lo aveva lasciato definitivamente. Il 28 maggio, i due si erano visti nel pomeriggio, a casa di lei, avevano parlato, e Sara aveva ribadito che era davvero finita: stanca di quella storia malata, fatta di continue pressioni psicologiche e folli gelosie da parte di lui, era riuscita a dire basta a un amore che di amore non aveva nulla, e la faceva stare male. Poche ore dopo, sabato notte, mentre era di turno come vigilantes nel quartiere Eur di Roma, Paduano ha lasciato il posto di servizio ed è andato sotto casa del giovane che Sara da poco frequentava. Ha aspettato che lei riportasse a casa il ragazzo, e quando si è allontanata in auto, Paduano l'ha seguita. Sara inizialmente non si è accorta di nulla, ha mandato con il telefono un messaggio alla madre comunicandole che di lì a poco sarebbe arrivata a casa. Pochi istanti dopo Paduano, alla guida dell'auto, la affiancava e speronava, costringendola a fermarsi. I due sono scesi dall'auto e hanno discusso. Sono stati visti da alcuni passanti, prima che lui la uccidesse e le desse fuoco. Alle 5 del mattino, dopo una segnalazione per l'auto in fiamme, sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco che hanno trovato a duecento metri dai resti del veicolo bruciato, il corpo semicarbonizzato di Sara. Gli agenti della squadra mobile hanno sentito i genitori della giovane, il ragazzo che frequentava, gli amici più stretti: subito è emerso che Paduano la tormentava da tempo con telefonate continue e di recente l'aveva pedinata in almeno un'occasione. Sara era preoccupata per la morbosità con la quale il suo ex fidanzato voleva tornare ad ogni costo con lei, ma forse non lo riteneva pericoloso tanto che anche poche ore prima dell'omicidio si erano visti, per un chiarimento. L'ultimo, prima della follia omicida che l'avrebbe uccisa.