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Delitto Vannini, condannata la famiglia della fidanzata. L'ira della madre: vergogna

Davide Di Santo
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Con le condanne (a pene sensibilmente più basse di quanto chiesto dal pm) dei quattro componenti della famiglia Ciontoli e un'assoluzione si è chiuso davanti alla prima corte d'assise di Roma il processo sulla morte di Marco Vannini, il bagnino di 21 anni di Cerveteri ucciso a Ladispoli la sera del 17 maggio 2015 da un colpo di pistola partito da una Beretta calibro 9 mentre era a casa della ragazza nella villetta in via De Gasperi. Antonio Ciontoli, quello che materialmente avrebbe sparato, è stato condannato, previa la concessione delle attenuanti generiche, a 14 anni di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale oltre a 22 mesi di arresto per la detenzione dell'arma: il pm Alessandra D'Amore ne aveva chiesti 21. Tre anni di carcere, per concorso in omicidio colposo, sono stati inflitti alla moglie Maria Pezzillo e ai figli Martina (fidanzata della vittima) e Federica. Per loro il rappresentante della pubblica accusa aveva sollecitato 14 anni per omicidio volontario in concorso con Antonio Ciontoli. Assolta, perché il fatto non costituisce reato, Viola Giorgini (la fidanzata di Federico) che rischiava due anni per omissione di soccorso. Alla lettura della sentenza è esploso il caos: al grido di "schifosi", "vergogna", "basta con questa giustizia", familiari e amici di Marco Vannini hanno inveito contro la corte d'assise e sono stati invitati ad abbandonare l'aula.  "Vergogna, vergogna, è uno schifo come posso credere ancora nella giustizia. Mi hanno ammazzato un figlio a vent'anni. Vergogna!", sono le parole gridate da Marina, madre di Marco, contro i giudici subito dopo la sentenza. La donna si è allontanata in lacrime dal tribunale seguita da amici e parenti che con lei gridavano contro la sentenza.

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