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Zingaretti-bis, i 5 Stelle dicono sì

Il governatore avvia il giro di consultazioni con le opposizioni. Sul tavolo dei grillini le presidenze delle commissioni Ambiente e Infrastrutture

Susanna Novelli
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È partito da Amatrice il giro informale di consultazioni del neo governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, che dopo aver battuto il record della rielezione per il secondo mandato si trova a dover fare i conti con i numeri del Consiglio regionale, dove la coalizione di centrosinistra si è fermata a 24 consiglieri, contro i 26 eletti nelle opposizioni. Un situazione che impone trattative e compromessi e che, in vista del 4 aprile, giorno di insediamento del Consiglio regionale, deve essere risolta. Come? Nel più classico dei modi, «offrendo» poltrone e indicando un'agenda condivisa sui grandi temi da affrontare. Ecco allora che Zingaretti, partendo da Amatrice, dove comunque Sergio Pirozzi ha ribadito l'intenzione di chiedere la sfiducia, incontrerà tutti i gruppi regionali,. Il primo è stato, sempre ieri, il MoVimento 5 Stelle con Roberta Lombardi. E proprio con i grilli- ni, forti di dieci consiglieri, la strada sembra ormai spianata. A conferma il silenzio blindato di questi giorni. Una delle due vicepresidenze del Consiglio regionale (che per la prima volta si è disposti a cederle entrambe alle opposizioni) del resto ce l'hanno già in tasca. Resta da trattare su un posto di segretario d'aula e, soprattutto, sulle presidenze delle Commissioni. Tra le più ambite dai grillini quella, ad esempio su Ambiente e Rifiuti e Infrastrutture e Mobilità. Due chiavi anche per non far cadere in contrapposizione l'alleanza alla Regione Lazio e il governo di Roma Capitale con Virginia Raggi. In questo accordo, infatti, a rimetterci sarà soprattutto il Pd romano, in forte imbarazzo, per un'opposizione dura in Campidoglio e che rischia ora di appiattirsi sin troppo.  Interessante, a questo punto, capire cosa accadrà nel centrodestra. Qui i sei consiglieri di Forza Italia, i quattro consiglieri del- la Lega, i tre di Fratelli d'Italia, uno per Noi con l'Italia e Stefano Parisi, rischiano una lotta fratricida per accaparrarsi la «fetta» più grossa. Non a caso in un caffé del centro sono stati «sorpresi» Daniele Leodori, presidente del Consiglio regionale del Pd verso la riconferma, Stefano Parisi, candidato presidente per il centrodestra di Energie per l'Italia e Donato Robilotta, capolista per lo stesso Parisi. Quest'ultimo infatti si sarebbe messo già a lavoro per far crescere il suo movimento soprattutto in vista dell'imminente crisi, e conseguente emorragia, in Forza Italia, dove più di un consigliere avrebbe già in mente un precoce addio. E come un segno del destino, quasi a sottolineare una continuità con lo scenario nazionale, mentre per Zingaretti si aprono le porte degli «avversari», si chiude quella con lo storico alleato di sinistra, che di fatto non ha indicato, o non è stata raggiunta la sin- tesi, per un posto in giunta. A parlarne ieri Peppe Civati (LeU) a Radio Cusano Campus: «Mi sembra un completo disastro - sottolinea -. Il fatto di essere stati incapaci di esprimere una figura o di discuterla con lui mi sembra un disastro epocale. Questo ci ricorda che la logica di spartizione, la logica burocratica non funzionano. Sembrava che Zingaretti fosse l'uomo della provvidenza, del dialogo, così ci avevano spiegato. Invece la sua non è una politica diversa. La politica fatta così è debole, basata su logiche che gli elettori rifiutano». Nell'attesa dell'esito delle consultazioni di Zingaretti, alla Pisana intanto si fanno i bagagli. Ieri l'addio di Francesco Storace in un post pubblicato su Facebook. «Alle mie spalle l'ingresso del consiglio regionale del Lazio, da cui esco dopo un'esperienza durata sostanzialmente diciotto anni. A tutti ho tentato di dare una mano, pochi hanno detto grazie, ma non fa niente - scrive Storace -. Chi ha coscienza, sa che il dovere che si compie è intimamente legato ai valori che porta con sé». Quindi l'ex governatore manda «un saluto rispettoso a Zingaretti e al presidente del Consiglio regionale Leodori» augurandogli buon lavoro e ringraziandoli perché non gli hanno mai «fatto mancare stima in questi anni di opposizione. Mi tengo l'affetto di chi ancora mi vuole bene, scrivo fino a che resiste la cassa del Giornale d'Italia, mi godo la mia bella famiglia, magari in Sicilia, assieme a qualche amicizia. E mi tengo il mio carattere. Che tocca sopportare pure a me. Grazie a tutti». E alla Pisana si apre una nuova epoca.

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