Annullata la condanna all'ex dg della Croce Rossa Tommaso Longhi
Condannato per presunti danni erariali commessi «a sua insaputa», quando non era più direttore della Croce Rossa. La Corte dei conti, III° sezione giurisdizionale d'Appello, con sentenza numero 28/2018, depositata il 29 gennaio scorso, ha riformato annullandola la sentenza di primo grado (numero 515/2015), che condannava l'ex direttore generale presso il Comitato centrale CRI, Tommaso Longhi, a risarcire 2 milioni 777.912 euro alla Croce Rossa. Nelle motivazioni dei magistrati contabili si legge: «Conclusivamente, questo giudice non può che riformare la sentenza, stante la palese insufficienza del quadro probatorio, complessivamente considerato e valutato, a supportare la statuizione di condanna». E per quanto concerne le accuse all'ex direttore Longhi, la Corte si pronuncia in dettaglio così: «In ogni caso i meccanismi di revisione previsti dalla Convenzione non avrebbero potuto essere attivati dal Longhi dal momento che lo stesso aveva cessato le proprie funzioni di direttore generale della CRI in data 27 maggio 2006, mentre la Convenzione aveva avuto inizio il primo giungo 2006. Pertanto, non poteva essere certamente imputato al Longhi il disavanzo tra costi del servizio e corrispettivo pattuito, venutosi a determinare solo negli anni successivi alla stipula della Convenzione con l'esercizio del servizio a decorrere, come detto, dal primo giugno 2006». La segnalazione di danno erariale, come noto, arrivò alla procura regionale della Corte dei conti del Lazio nel luglio del 2009. Nella missiva si faceva presente che Longhi aveva sottoscritto il 15 marzo 2006 una convenzione con l'Ares per lo svolgimento nel territorio di Latina del servizio di pubblico soccorso in emergenza affidato, senza gara pubblica, direttamente e per tre anni al Comitato provinciale CRI di Latina, che avrebbe dovuto sopportarne i costi tramite le risorse provenienti dalla convenzione. E ora la nuova sentenza che ribalta tutto. «Per due anni, dopo un'intera carriera nel rispetto e a difesa della legittimità degli atti pubblici – commenta Longhi - ho avuto un incalcolabile danno alla mia immagine di corretto amministratore, non potendo più assumere alcun altro incarico nell'amministrazione pubblica, né potendo più disporre di ogni pur modesta proprietà, mia e di mia moglie, che ho rischiato di perdere totalmente a causa di una sentenza "singolare", senza che io fossi presente nell'ente e nel periodo in cui i "presunti" fatti sarebbero accaduti».