Zingaretti bugiardo pure sui neonati
Roberta Lombardi: "Non volli partorire al San Filippo Neri, mancava la terapia intensiva". La Regione smentisce invano: siamo andati a controllare e ha ragione la grillina
«Non me la sono sentita di partorire al San Filippo Neri perché non c' era la terapia intensiva neonatale. È un simbolo delle politiche sanitarie fallimentari di Zingaretti». Partiamo dall'uscita della candidata M5S alla presidenza della Regione Lazio, Roberta Lombardi, di ieri l'altro. A cui sono seguite le dichiarazioni al vetriolo di via Cristoforo Colombo sull'«eccellenza sanitaria», scatenando un fuoco incrociato di botta e risposta. Sanità e politica, verità e controverità. Come stanno le cose? Ieri siamo stati mezza giornata al San Filippo Neri, documentando insicurezze e criticità. E visitando il reparto di Neonatologia, moderno, con lavori ancora in corso come in varie altre aree della struttura. La Lombardi ha ragione: al posto della terapia intensiva neonatale ora c' è l' Uoc di Neonatologia. Da quasi quattro anni, è non è una notizia. Abbiamo chiesto lumi alla caposala del reparto sui possibili rischi legati a parti prematuri in mancanza del servizio. «Le rispondo - ci ha detto come faccio con le mamme che me lo chiedono: i bambini con problemi vengono mandati al Dea di II Livello di riferimento, al Gemelli. Perché qui la TIN è stata chiusa. Non posso commentare altro perché serve l' autorizzazione dell' azienda sanitaria». Che, rispettando i dettami di privacy, abbiamo subito contattato. «A poter rilasciare dichiarazioni è solo il responsabile del Dipartimento Salute della Donna e Fisiopatologia della Riproduzione», ci ha fatto sapere la Asl Roma 1. Il dottor Pietro Saccucci, che abbiamo incontrato. «La chiusura della terapia intensiva neonatale - ci ha spiegato Saccucci è dipesa dalla riorganizzazione della rete perinatale. Fino al 2011, in Italia, la TIN era suddivisa in tre livelli, in base all' età gestazionale delle partorienti. Noi eravamo II°+, un livello importante, poi siamo scesi al I°. Del resto, ci sono ospedali come Pertini e Cristo Re che la TIN non l' hanno mai avuta». Ma al San Filippo, la TIN esisteva. Ed «era un fiore all'occhiello», ricorda il segretario regionale Uil Lazio, Paolo Dominici. «C'era un problema dall' epoca Montino - evidenzia Dominici - quello di riequilibrare le prestazioni a favore del Gemelli. Già allora si parlava di chiudere la Neonatologia, come la Cardiochirurgia, che con Campanella primario (scuola Barnard), poi, risalì nei dati statistici reali. Sono state ridotte entrambe nel tempo dopo gli accorpamenti aziendali, e poi chiuse. Il San Filippo è una scatola svuotata di specialistiche. Le prestazioni ambulatoriali sono calate del 35%". «Da noi avvengono circa 1.000 parti l' anno», rimarca il dottor Saccucci. «Cosa accade nell' ipotesi di bimbi immaturi? Sono pochi, vengono comunque assistiti. In attesa di andare all' Hub del Gemelli. Se ci sono rischi? In via teorica non dovrebbe succedere che arrivino bambini sottopeso». E ancora: «Se giudico positivo per il reparto aver tolto la TIN? Erano due posti letto. Logicamente è sempre meglio avere tutto. Ma si è scelto di concentrarsi su altri aspetti, come il parto naturale», aggiunge accompagnandoci nelle sale operatorie nuove. Altra cosa dell'«eccellenza» (sfigurata) San Filippo: l' eliporto esiste ancora. «Ma da tre anni non arrivano più pazienti», ci informano. Proprio come in qualche altra «eccellenza» sanitaria del Lazio. Una volta.