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Ragazzine stuprate a Roma da due nomadi, il gip: devono restare in carcere

Il campo nomadi di via Salone (Foto Pasquale Carbone)

Le 14enni adescate su Facebook e aggredite in un boschetto nel quartiere Collatino: "Atto di una ferocia inaudita" Lunedì interrogatorio dei due ventenni rom di origine bosniaca

Silvia Sfregola
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Si tratta di una atto "di una ferocia inaudita" verso le vittime e per questo i due ventenni, di origine bosniaca, accusati di stupro verso due 14enne a Roma devono rimanere in carcere. Lo dice il gip Costantino De Robbio nell'ordinanza cautelare che ha portato ieri all'arresto dei due ragazzi, accusati di aver sequestrato e violentato, il 10 maggio scorso, due ragazzine di 14 anni in un boschetto del quartiere romano del Collatino. I due saranno interrogati lunedì mattina nel carcere romano di Regina Coeli. Stando a quanto ricostruito dai carabinieri di Tor Sapienza e dalla procura, le due 14enni, nel maggio scorso, sono state violentate da Alessio Seferovic, detto "Il Sinto" e da un amico: entrambi conosciuti in chat. Prima conversazioni scritte, poi telefoniche, infine l'incontro e poi l'incubo. Alessio, secondo il quadro accusatorio, ha bloccato le due giovani, le ha spinte in un campo abbandonato. L'amico 20enne, che in tasca nascondeva le manette, le ha legate. Lui, secondo gli inquirenti, non ha partecipato allo stupro ha fatto da "palo". Dopo lo stupro, commesso materialmente da Seferovic, le due amiche sono state minacciate di morte e per questo non avrebbero dovuto raccontare nulla. E per questo non hanno neanche fatto ricorso alle cure mediche. Ma dopo alcuni mesi una delle due minorenni ha raccontato tutto ai genitori e di lì è partita l'inchiesta. Le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Maria Monteleone sono risalite anche alla premeditazione con cui i due aguzzini hanno agito.

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