CAPITALE BLINDATA

Corteo antisgomberi, Roma blindata. I rifugiati: "Ora dateci una casa"

Francesca Musacchio

Rimasti senza una casa, cacciati dalla polizia dal palazzo di via Curtatone che occupavano da anni, i rifugiati etiopi ed eritrei oggi sono scesi in piazza a Roma per dire no agli sgomberi e per chiedere un tetto e una vita dignitosa. Il corteo super blindato che ha sperimentato per la prima volta i "varchi" con controlli serrati, è partito da piazza dell'Esquilino ed è arrivato in piazza Venezia trasformandosi a sera in un sit-in autorizzato dalla questura fino a lunedì. Controllatissimo dalle forze dell'ordine l'intero tragitto con agenti antisommossa, varchi e strade chiuse. E per la prima volta una manifestazione è stata alle prese con le misure anti-Isis. In largo Corrado Ricci e all'inizio dei Fori Imperiali sono infatti state installate le giganti fioriere che bloccano gli ingressi del centro storico. Il dispositivo di sicurezza messo a punto dalla questura aveva previsto poi il divieto di portare aste pesanti di bandiere o altri oggetti potenzialmente atti ad offendere, comprese bottiglie di vetro. "Vogliamo una casa, vogliamo un tetto, vogliano vivere come i romani". Queste le richieste degli immigrati che tre giorni fa sono stati cacciato dal palazzo a pochi passi dalla stazione Termini e che da allora non hanno un alloggio. Vivono per strada e qualcuno, con i bambini, è stato ospitato da conoscenti. "Vogliamo un'alternativa - dicono seguendo il corteo che è stato sempre pacifico e composto - ci hanno mandati via non dandoci un posto dove andare. Alcuni di noi hanno un lavoro e molti hanno figli. Non possono trattarci in questa maniera". "Libertà per gli arrestati" (quattro, tra cui due donne, dopo gli scontri di giovedì, ndr) e "case per i senzacasa" è un altro degli slogan urlati. Tra i manifestanti anche i centri sociali e di diverse sigle e associazioni che supportano il Movimento per la casa, come l'Unione sindacale di base (Usb). Nel tardo pomeriggio il corteo si è concluso in piazza Venezia ed è diventato un sit-in autorizzato fino a lunedì. "Rimaniamo qui - dice Jasmine, 40 anni - non ce ne andiamo fino a quando qualcuno, tra prefettura e comune non si prende in carico il nostro caso. Siamo poveri e rifugiati, ma nessuno ha il diritto di toglierci la dignità".