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Terremoto, a Roma il vulcano sotto ai Colli Albani è pronto a risvegliarsi

(foto sito Ingv)

Silvia Sfregola
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A Roma c'è un vulcano. L'area dei Colli Albani, alle porte della Capitale, rimasta in assoluto stato di quiete da 36.000 anni a questa parte è attiva e a diversi chilometri di profondità si sta accumulando nuovo magma, facendo presagire un risveglio tra migliaia di anni. A sostenerlo, uno studio firmato Ingv, Sapienza Università di Roma, Cnr e Università di Madison, pubblicato su Geophysical Research Letters. "Il risultato sorprendente", sottolinea Fabrizio Marra, ricercatore Ingv, "è che non solo il vulcano è tutt'altro che estinto, ma ha appena iniziato un nuovo ciclo di alimentazione delle camere magmatiche che potrebbe portarlo nel prossimo millennio, da uno stato dormiente a quello di risveglio. Da qui la necessità di monitorare quest'area vulcanica". "A partire da 600mila anni fa - spiega il ricercatore dell'Ingv - ci sono stati 11 di questi cicli eruttivi. L'ultimo, avvenuto al Cratere di Albano, è iniziato proprio 41.000 anni fa ed è terminato intorno a 36.000 anni. Questo vuol dire che il tempo trascorso dall'ultima eruzione è dello stesso ordine dei tempi di ritorno: quindi il vulcano deve considerarsi attivo e pronto per un nuovo futuro risveglio". I ricercatori hanno inoltre accertato che nel periodo di attività più recente, a partire da 100.000 anni fa, i tempi di ritorno si sono leggermente accorciati e sono stati dell'ordine di 30.000 anni. L'area in cui sono avvenute tutte le eruzioni più recenti è concentrata in un settore allungato in direzione nord-sud e comprende i crateri di Ariccia (200 mila anni), Nemi (150 mila anni), Valle Marciana (100 mila anni), Albano (due cicli a 69 mila e 41-36 mila anni), e il cono vulcanico di Monte Due Torri (40 mila anni). "Tale settore corrisponde esattamente a un'area in cui le osservazioni di telemetria satellitare (InSar), fatte dai ricercatori Ingv, hanno rivelato un continuo sollevamento, con tassi di 2-3 mm/anno, negli ultimi 20 anni. Questo lascia perciò ipotizzare che al di sotto dell'area dove sono avvenute le eruzioni più recenti si stia accumulando nuovo magma che provoca un rigonfiamento della superficie. La rivalutazione di studi di tomografia crostale condotti in passato suggerisce che questa zona di accumulo possa essere tra i 5 e i 10 km di profondità. Abbastanza profonda, quindi, da non destare preoccupazioni al momento", continua Marra.

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