LA CRISI E LA CAPITALE
Ultimatum della Camera di Commercio alla Raggi: collaboriamo o faremo da soli
Non c'è dialogo tra la Camera di Commercio di Roma e il Comune e Lorenzo Tagliavanti, presidente dell'Ente di via de' Burrò, lo dice ad un certo punto chiaramente: «Vorremmo trovare una collaborazione importante con il Comune, ma non è facile». Suona come una sorta di ultimatum il discorso del presidente della Camera che ieri ha voluto in consiglio tutti i presidenti delle Camere di Commercio della provincia, nonché i rappresentanti del consiglio al completo. Ospite d’onore il presidente della Regione, Nicola Zingaretti, che è stato lodato per il suo impegno nei confronti dell’Ente, ma anche questo non è apparso casuale visto invece il silenzio pubblico scelto nei confronti della sindaca Raggi e dell'operato dell'Amministrazione Cinque Stelle. «La inviteremo ancora una volta – ha detto a margine del consiglio Tagliavanti – ma siamo anche pronti a fare da soli: la Camera di Commercio è tornata unita più che mai, vogliamo essere un laboratorio di idee e di iniziative e vogliamo dialogare con il Comune, offriamo ancora una volta la nostra totale disponibilità a collaborare». Poi l'affondo: «Il sindaco di Roma si chiama primo cittadino non perché è il capo di un'amministrazione, ma perché è il cittadino simbolo». Lo scenario è quello di una Capitale letteralmente sfiaccata. «Roma non è più motore di sviluppo dell'Italia come era fino a qualche anno fa – ha tuonato il presidente dell'Ente – e sta addirittura esprimendo risultati economici inferiori al resto del Paese». E giù a snocciolare dati: nei primi anni 2000, e fino al 2007, l’area di Roma e della sua provincia cresceva a ritmi superiori alla media nazionale in media dell’1% annuo. Tra 2000 e 2007 il valore aggiunto è aumentato di circa il 15%, a fronte di una media nazionale del +8,5%. Poi il crollo. Tra il 2007 e il 2015 la ricchezza prodotta nella Capitale è infatti diminuita di circa il 9%, secondo i dati della Camera di Commercio, a fronte di una contrazione in Italia del 7,3%. E se è vero che nello stesso arco temporale le imprese registrate sono aumentate di 65.177 unità per un incremento percentuale del 15,5 è diminuita la dimensione media. Basta vedere la situazione delle società per azioni: -13% negli ultimi cinque anni. «Roma deve tornare a essere un elemento di traino – ha incalzato Tagliavanti - Essere la capitale non è una onorificenza ma una responsabilità. Altre capitali d’Europa trainano i loro Paesi e stanno preparando programmi di sviluppo a medio e lungo termine. Roma può e deve tornare a essere attrattiva, perché la competitività si gioca a livello di sistema territoriale». Altra stoccata alla Raggi quando il presidente camerale ha commentato le tante aziende che lasciano Roma per trasferirsi altrove. «Roma non gode di una bella immagine», sono state le sue parole. La Camera di Commercio, comunque, è pronta. Non a caso c’erano anche i rappresentanti delle più importanti associazioni di categoria, ieri, in una sala a dir poco stracolma, e una new entry, il commissario della Confcommercio Roma, Renato Borghi, al suo primo consiglio. Tagliavanti ha sottolineato come la ritrovata unità tra le forze del tessuto economico della città permette di creare le condizioni giuste per ripartire in un contesto «che deve essere competitivo». Come a dire che con o senza il Comune il posto delle imprese farà la sua parte. L’Ente riparte in vista di una riforma che sebbene manchi ancora il decreto del Governo fissa nel Lazio a tre il numero delle Camere di Commercio attive con Roma che resta da sola. Un cambiamento che non è stato indolore e che ha sottratto all’incirca il 50% delle risorse da destinare alle imprese, ma che non ha mutato gli obiettivi come sottolineato anche dai presidenti camerali intervenuti ieri in consiglio: continuare a svolgere quel ruolo di presidio istituzionale nel quadro di riferimento del nuovo sistema. Infine un invito alla Raggi: «La inviteremo alla prossima Assemblea. È già venuto il prefetto, sono arrivati tutti, noi vogliamo il sindaco per fare sentire la nostra voce del sistema economico». Che sia la volta buona?