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Mafia Capitale, Carminati: "Mai dati soldi a Gramazio né lui me li ha chiesti"

Massimo Carminati

Riccardo Di Vanna
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“Avevo contatti con la banda della Magliana, perché “il nero”, Giuseppucci, era un amico”. Si è aperta con queste parole di Massimo Carminati la seconda giornata di udienza del processo Mafia Capitale dedicata all'esame di quello che gli inquirenti considerano l'imputato numero uno del sodalizio criminale romano. In collegamento video dal carcere di Parma, “il cecato”, rispondendo alle domande dell'avvocato Ippolita Naso, ricostruisce il suo passato per buona parte della mattinata. Dopo aver spiegato di non aver fatto parte della banda della Magliana, Carminati ha aggiunto: “Giuseppucci era era un amico, abitava vicino a casa mia, lo conoscevo da una vita. Non c'è stata alcuna proprietà transitiva. Quando è morto sono rimasto molto dispiaciuto. Poi ho conosciuto anche molti altri di loro, dal mio punto di vista erano dei bravissimi ragazzi". Così Massimo Carminati nel corso dell'udienza del processo Mafia Capitale che si sta tenendo nell'aula bunker di Rebibbia. "Ho pagato il deposito della sanità per le armi della banda, hanno trovato armi ritenute riconducibili a me nel ministero della Sanità. Soltanto quello”. Poco dopo, quando il suo legale gli legge una intercettazione finita agli atti del processo, in cui racconta ad un interlocutore che negli anni della sua gioventù c'era una “guerra” e che lui “stava in guerra con il mondo”, approfondisce l'argomento, attualizzandolo. "La guerra per me non è ancora finita, come vede io sto al 41 bis, l'unico - dice - La faccio da solo la guerra. E' meglio uno contro tutti che tutti contro uno”. Sulla vicenda del suo ferimento, durante il suo arresto negli anni ‘80, Carminati ha invece sottolineato che all'epoca “le regole di ingaggio erano quelle”. “Eravamo in macchina e ci hanno sparato come cani, hanno trovato 141 colpi - ha affermato - Non mi sono manco costituito parte civile. In quel momento era giusto che la Digos ci sparasse”. Riguardo alle indagini relative all'accusa di aver minacciato il proprietario di un autosalone, il “pirata” ha precisato: “ Non ho mai minacciato Seccaroni. Io sono un bandito e posso fare qualunque cosa, giusto o sbagliato che sia, perché sto da questa parte della sbarra, ma chi sta dall'altra parte non lo può fare. I carabinieri hanno fatto una porcheria perché io non ho minacciato Seccaroni. Lui mi ha preso in giro e ho smesso di parlarci. Voglio essere trattato come tutti gli altri imputati. Questa storia di Seccaroni fa la doppietta con quell'altra di Guarnera”.  Proseguendo nel suo esame, Carminati ha poi spiegato di non aver mai dato soldi a Gramazio e di non poter escludere che Buzzi abbia dato soldi ad Alemanno. "Con GramAzio - ha detto - ho avuto rapporti solamente per quanto riguarda il campo nomadi. Non ho mai dato soldi a Luca Gramazio, ne lui me li ha mai chiesti. Quello che ha chiesto Gramazio erano posti di lavoro". Per quanto riguarda l'ex sindaco Alemanno, Carminati ha invece affermato: "Non mi risulta che Alemanno abbia mai preso i soldi in nero da Buzzi". 

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