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Mafia Capitale, la confessione di Odevaine: "Buzzi mi pagava 5 mila euro al mese"

Odevaine

Andrea Ossino
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"Venivo remunerato dal gruppo Buzzi perché facilitavo i suoi interessi". Non ha peli sulla lingua Luca Odevine mentre testimonia al maxi processo Mafia Capitale. L'ex capo di gabinetto del sindaco Veltroni (e per tre mesi anche di Alemanno), è accusato di corruzione. Gli inquirenti infatti ritengono che abbia approfittato del suo ruolo di componente del tavolo nazionale sugli immigrati per favorire le cooperative rosse di Salvatore Buzzi e quelle bianche come "La Cascina". E per farlo, avrebbe intascato un lauto compenso. "Ho percepito cinquemila euro al mese da Salvatore Buzzi da fine 2011 al novembre del 2014 - ha spiegato dall'aula bunker del carcere di Rebibbia al sostituto procuratore Luca Tescaroli - Per lui risolvevo i problemi, facilitavo gli interessi di Buzzi. Ho preso soldi anche dalla cooperativa La Cascina". Nulla di nuovo per gli inquirenti che, in passato, avevano già raccolto la confessione dell'indagato. "Venivo remunerato dal gruppo Buzzi per la mia attività di facilitatore - ha proseguito Odevine - Semplificavo i suoi rapporti con la pubblica amministrazione. Svolgevo un funzione di raccordo tra le sue cooperative, il ministero degli Interni e i funzionari della Prefettura, un mondo con il quale le coop faticavano ad avere un dialogo costante". E ancora: "Le richieste di Buzzi erano varie - ha confessato l'indagato dal banco riservato ai testimoni - Io mettevo a disposizione l'esperienza acquisita nel Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, conoscevo molte persone, ma non orientavo i flussi degli immigrati, non avrei potuto farlo. Il Tavolo discuteva su temi generali e non decideva". Poi l'esame è proseguito in merito ai rapporti con la cooperativa "La Cascina", una vicenda per la quale Odevaine ha già patteggiato la sua condanna: 2 anni e 8 mesi di reclusione oltre alla restituzione del denaro ottenuto grazie al rapporto corruttivo (250 mila euro). "Ricevevo i soldi per il mio lavoro di raccordo col Ministero dell'Interno", ha riferito riferendosi a quel bando per la gestione del Cara di Mineo che gli inquirenti ritengono sia stato pilotato. Interessante anche la ricostruzione dell'assegnazione delle nomine nell'era Alemanno. Perché secondo Odevaine Gianmario Nardi, già allontanato da Veltroni, fu nominato vicecapo di gabinetto, mentre Marra andò al Patrimonio. 

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