Il nuovo codice del M5S e i rimpianti di Paola Muraro: "Potevo restare al mio posto"
"Finalmente hanno messo i piedi per terra. Hanno capito che per governare bisogna cambiar pelle. Io, però, ne ho pagato le spese". Il nuovo codice di comportamento del Movimento 5 Stelle, in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie dei suoi iscritti, sembra quasi una beffa per Paola Muraro. Solo tre settimane fa l'ex assessore all'Ambiente del Comune di Roma è stata costretta a dimettersi dalla giunta grillina di Virginia Raggi, dopo aver ricevuto un avviso di garanzia. La Procura capitolina le contesta reati ambientali legati alla gestione di due impianti di trattamento meccanico-biologico dei rifiuti di proprietà di Ama, negli anni in cui svolgeva per la municipalizzata romana l'incarico di consulente. Nel lungo interrogatorio del 21 dicembre, l'ex assessore si è discolpata (carte alla mano) da queste accuse. Oggi, alla luce delle nuove disposizioni pubblicate sul blog di Beppe Grillo, la Muraro sarebbe potuta restare comodamente seduta al suo posto. Il codice etico, infatti, vale anche per gli assessori non iscritti al Movimento: sta ai sindaci pentastellati l'onere di farlo rispettare. Cosa ne pensa della norma contenuta nel decalogo di Grillo, in base alla quale l'avviso di garanzia non comporta più sanzioni automatiche? «La condivido pienamente. L'avviso di garanzia è una tutela difensiva per l'indagato, non doveva essere visto come un'onta. Finalmente hanno messo i piedi per terra». Questo cambio di vedute, però, è arrivato troppo tardi per lei? «Sì, io purtroppo ne ho fatto le spese. E come me, nel corso degli anni, tanti altri. Se ci avessero pensato prima sarei ancora al mio posto. Invece sono stata costretta a rimettermi ai loro dettami, almeno a quelli che erano in vigore fino a pochi giorni fa. Sono un tecnico e ho sposato in pieno il programma della Raggi. Per questo mi sono attenuta al regolamento non scritto del Movimento che imponeva le dimissioni per chi veniva a sapere di essere indagato». È risentita per questo? «Mi rammarica non aver potuto portare a termine il mio programma». Finché è stato possibile, la Raggi l'ha difesa strenuamente. «Sì, però sull'onda dell'avviso di garanzia è scattata anche la gogna mediatica. Oltre che professionalmente, in questi ultimi mesi sono stata attaccata sul piano personale e privato». Secondo lei a cosa è dovuta questa svolta garantista di Grillo? «Il Movimento 5 Stelle evidentemente sta cambiando pelle. Ben venga questo cambiamento! Si stanno rendendo conto che bisogna governare e non si può mandare tutto all'aria per un'iscrizione nel registro degli indagati. Incappare in un avviso di garanzia non è una cosa così strana o mostruosa, e nemmeno rara». Non crede che questo mutamento d'opinione sia strumentale? Forse è un paracadute lanciato in soccorso del sindaco di Roma, nel timore che possa essere indagata per la vicenda delle nomine in Campidoglio? «Virginia è stata eletta dai cittadini e deve andare avanti. I romani le vogliono bene. Non è per un avviso di garanzia che un sindaco o un assessore devono dimettersi. Chi governa un Comune corre il rischio di essere indagato per un ampio ventaglio di situazioni, basta un cavillo. A maggior ragione questo discorso vale per il sindaco di una città come Roma. Non può decadere un'amministrazione solo per questo».