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La confessione choc di Marco Prato: "Amavo Foffo. Luca Varani lo ha ucciso lui"

Luca Varani

Katia Perrini
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"Io non ho ucciso Luca. Non sono stato io a colpirlo con il martello e con i coltelli. Ha fatto tutto Manuel Foffo che non ho avuto il coraggio di fermare. Lo amavo ed ero succube della sua personalità". Si è difeso così, nelle oltre sei ore di interrogatorio reso al pm Francesco Scavo nel carcere romano di Regina Coeli, il 30enne pr di eventi e serate gay Marco Prato, accusato con Foffo di omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà e dai motivi abietti e futili, per aver ucciso il 4 marzo scorso il 23enne Luca Varani, nell'appartamento al Collatino in via Igino Giordani. "Dovevamo fare un gioco erotico ma poi Foffo si è scatenato contro di lui colpendolo ed io stupito non ho potuto impedirlo anche perchè stordito da droga e alcol - ha continuato Prato durante l'interrogatorio - Foffo ha avuto un raptus violento ed io sono rimasto bloccato anche perché lo amo e sono succube". Poi sulla dinamica della serata, Prato ha spiegato. "Avevo contattato io Varani perché con Manuel aveva deciso di mettere in atto un gioco erotico e una violenza sessuale. È stato Foffo ha somministrare a Luca l'Alcover (un farmaco antidepressivo) in un cocktail, dopo di che lo ha aggredito in modo violento. Io non ho reagito perché ho avuto paura anche per la mia incolumità. Manuel si è comportato in maniera assurda». In merito alla presenza del suo dna sulle armi del delitto (su uno dei coltelli e sul martello utilizzato per torturare ed uccidere Varani sono state trovate le impronte digitali di entrambi gli indagati) Marco Prato, assistito dall'avvocato Pasquale Bartolo, interrogato avrebbe motivato questa presenza asserendo di essere stato costretto da Foffo a pulire le armi. Foffo, secondo il racconto di Prato, aveva anche pensato di sbarazzarsi del corpo: «Voleva portarlo al Circeo e sotterrarlo in un terreno - ha detto - e mi aveva anche chiesto di andare ad acquistare una pala da Leroy Merlin per poter scavare perché lo avremmo seppellito». Si tratta del primo interrogatorio davanti al pm per Prato: dopo l'interrogatorio di garanzia davanti al gip, a poche ore dall'arresto, Prato aveva scelto di non rispondere alle domande degli inquirenti a differenza di Foffo che invece in diverse occasioni ha sostanzialmente ammesso le sue responsabilità. Nelle settimane scorse la Procura ha chiuso le indagini nei confronti dei due ragazzi. Nell'atto, che normalmente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, il pm Francesco Scavo contesta ai due l'accusa di omicidio premeditato e pluriaggravato. All'indomani degli interrogatori di convalida dei due indagati, il gip aveva lasciato cadere la premeditazione, contestando l'omicidio volontario. Secondo quanto ricostruito dall'accusa, nell'atto di chiusura, Foffo e Prato «dopo aver fatto entrambi ripetuto uso di sostanze alcoliche e stupefacenti nei giorni antecedenti l'evento e dopo essere usciti di casa nella mattina del 4 marzo ed aver girato in macchina per le vie di Roma alla ricerca di un qualsiasi soggetto da uccidere o comunque da aggredire al solo fine di provocargli sofferenze fisiche e togliergli la vita» avrebbero fatto rientro nell'appartamento di Foffo, dove avrebbero contattato Varani con un messaggio, invitandolo a raggiungerli per un incontro. Giunto nella casa di via Igino Giordani, avrebbero fatto denudare il ragazzo «sul presupposto di ottenere una prestazione sessuale» e, dopo averlo stordito con una massiccia dose di droga, lo avrebbero aggredito selvaggiamente. I due indagati avrebbero quindi provato a strangolare Varani con una corda di nylon al collo per poi ferirlo a morte con oltre 100 colpi di martello e di coltello.

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