L'INCHIESTA
Delitto Varani, De Sica e i carabinieri
Avrebbe offerto foto e chat scambiate in privato con Christian De Sica come «moneta di scambio» per convincere i suoi amici a cedere alle sue «avances». Emerge anche questo dalle oltre novemila pagine del fascicolo dell’inchiesta sulla morte di Luca Varani, barbaramente assassinato il 4 marzo scorso in un appartamento in zona Collatino, a Roma. Il 10 maggio il nucleo operativo della Compagnia dei carabinieri di piazza Dante inoltra alla Procura di Roma una «richiesta urgente» di intercettare le utenze usate da De Sica, «sussistendo l’assoluta indispensabilità di procedere all’intercettazione telefonica delle chiamate in arrivo e in partenza». Tale richiesta non verrà accolta dal pm Francesco Scavo. Nel motivarla, il comandante del nucleo spiega che «dall’analisi dei tabulati telefonici emergono tra De Sica (ovviamente mai indagato) e Prato importanti contatti telefonici, nel 2013 e nel 2014, e man mano più sporadici nel 2015». Secondo gli investigatori l’attore «potrebbe essere stato coinvolto in qualche situazione estorsiva, pur non avendo riferito nulla in merito finora di sua spontanea volontà, per motivi chiaramente legati alla tutela della sua privacy e all’immagine». In effetti è stato un amico di Marco, G. L., a riferire agli inquirenti della proposta che gli avrebbe fatto Prato, in occasione di un festino a base di alcol e droghe: se avesse ceduto alle sue «avances», il 30enne accusato dell’omicidio di Varani gli avrebbe ceduto delle fotografie del noto personaggio dello spettacolo, facendogli intendere che avrebbe potuto utilizzarle per chiedere dei soldi a De Sica. La circostanza sarebbe confermata da un colloquio in carcere col padre, del 18 marzo, in cui Prato spiega che «sul suo telefonino ci sono foto (...) anche importanti, quali l’attore Christian De Sica (...) dichiarando che, una volta che queste foto usciranno, saranno una cosiddetta "bomba", ma non solo per lui, bensì anche per altre persone che tenteranno di fare muro insieme a lui, perché altrimenti andranno giù anche loro». Dagli accertamenti tecnici dei Ris sui dispositivi usati da Prato «risulterebbe effettivamente uno scambio di messaggi, tra cui alcune foto inviate da De Sica a Marco» e che nell’ottobre 2015 Prato manda a Giuseppe L. (come gli aveva promesso) le foto scambiate con l’attore e «delle chat (...)». Fatto sta che il 27 maggio l’attore è stato convocato presso gli uffici del comando di piazza Dante «al solo scopo di verificare se fosse stato avvicinato da Giuseppe L. (l’amico di Prato, ndr) o da altri, con il fine di estorcergli del denaro in cambio delle fotografie cedute». «De Sica in sede di escussione ha riferito di non essere a conoscenza che il materiale scambiato con Prato potesse essere ceduto a terzi e di non essere mai stato avvicinato da nessuno per delle pretese di denaro, a fronte della minaccia di divulgare quelle immagini». Prato è ritornato sull’argomento l’11 ottobre scorso quando nel colloquio in carcere col suo avvocato, gli ha mostrato la sua intenzione di scrivere a De Sica per chiedergli di andarlo a trovare, spiegando che «era stato affettuoso nei suoi confronti». NELLA TELA DEL RAGNO Il «Re Gay». Così i conoscenti chiamavano Marco Prato. È quanto racconta ai carabinieri l’8 aprile 2016 G.M.M., che con il pr aveva lavorato in un locale. Marco Prato «aveva la fama di uno che aveva la fissa di provarci con gli eterosessuali. Molto persuasivo - racconta A. Mo. - faceva delle promesse e mediante alcol e cocaina cercava di «tirarti nella tana del ragno», di «fare il suo comodo». Ci provava e si proponeva per poi materialmente fare dei rapporti (...). Prato cercava di convincere le persone ad avere rapporti sessuali con lui, dicendo che non c’era nulla di male e che non significava che si era gay (..) tant’è che si diceva che molti personaggi dello spettacolo come (...) e (...) e qualcuno di "Uomini e Donne" erano stati con lui». «Negli ultimi mesi (Prato ndr) era riuscito a convincere vari ragazzi eterosessuali a partecipare a serate a base di alcool e droga - racconta ai carabinieri il 9 e il 15 marzo 2016 G.L., amica del pr - e mediante filmati pornografici riusciva a coinvolgerli in atti sessuali». «HO VOMITATO UN LIQUIDO GIALLO» Marco Prato avrebbe tramortito Luca Varani correggendo i cocktail a lui offerti con la droga dello stupro. A dirlo è Manuel Foffo al fratello Roberto durante un colloquio a Regina Coeli il 12 aprile 2016. Sospettando di esser stato drogato come la vittima, racconta: «Ho vomitato una sostanza di liquido giallo... secondo me lui lo ha messo pure a me (incomprensibile)». «Mi stai dicendo un particolare non da poco - lo incalza Roberto - hai vomitato una sostanza gialla, l’ha vomitata pure Varani, allora vuol dire che ti ha fatto beve qualcosa... tu hai bevuto qualcosa che ha bevuto pure Varani». «L’alcover» risponde Manuel. «Me sa che l’ha somministrato anche a te», deduce Roberto. «Esatto» conferma il fratello. Il dubbio del cocktail corretto viene manifestato anche da A.M., il ragazzo conosciuto da Foffo in una pizzeria e chiamato per il festino, che il 4 maggio 2016 al pm dice: «Sta cosa del cocktail... è andata avanti la manfrina, (...) quando lui ha proposto di beve una Vodka, un superalcolico... La percezione che ho avuto è che c’era qualcosa che non andava, perché sul tavolo c’era una bottiglia, non c’erano altri bicchieri. C’era solo un bicchiere mio che lui teneva sempre qua (...) e girava. Ho lavorato tanto nei locali e il Vodka-Lemon è frizzante, non serve gira’... vedevo t’insistenza che lui lo posava e me lo ridava, poi lo riprendeva e lo rigirava. Marco di fronte a me, è sempre stato lui a dire ‘dai bevite un goccio. C’era qualcosa di strano perché non ho mai visto uno che mi conosce e mi vuole da’ da bere gratis». A ipotizzare l’effetto della droga è sempre A.M. che, raccontando il momento in cui uscì per comprare altro alcool, dice: «A un certo punto, c’ho pure i brividi, ho sentito una pace come quando annavo a Ibiza e mi pigiavo du’ bombe». E intanto spuntano anche altre intercettazioni, già in mano alla procura. Si tratta di colloqui registrati tra i due indagati e i rispettivi parenti e amici durante gli incontri in carcere.