IL CASO

Così il Parlamento ha insabbiato lo scandalo dei campi rom a Roma

Luigi Frasca

Dalla scorsa estate giace in Parlamento, a prima firma Giovanna Martelli, una proposta di legge per istituire una commissione d’inchiesta sulla gestione dei campi nomadi a Roma: ma nessuno ne parla. Una storia di silenzio che comincia nel 2013, quando Marco Pannella prende in mano in prima persona il lavoro di due film-maker militanti radicali e comincia a seguire la lavorazione di un film che alla fine consegnerà in Procura al pm Pignatone, Dragan aveva ragione. L’avvocato Vincenzo Di Nanna, segretario di Amnistia, Giustizia e Libertà, che curò la denuncia sporta dal leader radicale contro il Comune di Roma, lo ripete da anni: «È stata censurata una parte della nostra storia». Marco e la battaglia per l’inclusione dei Rom erano una cosa sola da quando era ragazzino, come amava raccontare, e giocava in Abruzzo con i coetanei «zingari» nel Teramano. Già negli anni ’90 lo storico Radicale Paolo Pietrosanti, Consigliere del Partito Transnazionale, era rappresentante all’Onu della International Romani Union, unico eletto non appartenente all’etnia: fu il solo a denunciare «un intero popolo cancellato con un tratto di penna» dalla legge per la tutela delle minoranze linguistiche storiche (482/1999). Altro che i buonismi pelosi delle cooperative rosse: i Radicali hanno continuato a battersi contro la corruzione fin quando sono stati nelle istituzioni, quando una delegazione di parlamentari (Maurizio Turco e Rita Bernardini in testa) si recò a Napoli con l’europarlamentare ungherese Viktoria Mohacsi sulle ceneri dei roghi di Ponticelli, puntando il dito senza mezzi termini contro il legame tra campi nomadi e criminalità organizzata. Così quando i due militanti, Gianni Carbotti e Camillo Maffia, portano a Pannella le riprese che mostrano come Marino e Nieri appena eletti non esitino a riportare con ogni mezzo una comunità fuggita da Castel Romano nel campo gestito da Salvatore Buzzi, il vecchio leone impiega poco a fare due più due e si attiva immediatamente, guardando quattro ore di girato coi registi che prendono appunti su dove il politico più eclettico della storia d’Italia vuole che siano inserite o meno le voci fuori campo. Il film è presentato in anteprima al Partito Radicale nell’estate 2014, e Rita Bernardini, mesi prima dello scandalo «Mafia Capitale», prende il microfono e dice che le immagini dovrebbero essere portate in Procura: «Sono stati filmati dei reati». Ci vorrà un anno e la fondazione di un’associazione tutta pannelliana - Amnistia, Giustizia e Libertà - perché Pannella, Bernardini e Di Nanna si rechino in Procura sporgendo denuncia e consegnando copia del documentario. Nell’atto, cifre folli: la giunta Marino spende 150.615 euro per sgomberare i Rom e riportarli nel campo gestito da Buzzi. Nel frattempo il Partito Radicale (inascoltato) chiede l’attuazione della Strategia nazionale d’inclusione per chiudere i rubinetti del danaro comunale, accedere ai fondi europei e avviare percorsi di trasparenza dopo Mafia Capitale. Ma il film è già passato sotto silenzio: lo scandalo imperversa, il PD è in guai seri e nessun «attivista per i diritti umani» ha intenzione di diffondere un documentario in cui il leader radicale spara a zero sulla doppia morale della sinistra mentre scorrono le immagini nude e crude della speculazione sui campi nomadi. L’unica testata che si occupa del film appena uscito è Il Tempo, mentre la sinistra «contro il razzismo» tace. Tra le rare eccezioni la Martelli, la quale presenta il film alla Camera e deposita la proposta d’inchiesta tratta dalla denuncia di Pannella. Davvero il Parlamento calendarizzerà la discussione di un DDL per indagare sulla corruzione nei campi nomadi? I Radicali non sono così sciocchi da crederlo, ma sono determinati a chiederlo. Né il partito oggi rappresentato da Maurizio Turco né l’associazione guidata da Vincenzo Di Nanna e presieduta da Laura Arconti intendono mollare su questa che è stata una delle ultime e più scomode battaglie di Marco Pannella, censurato anche ora che non c’è più».