DAL IV AL IX MUNICIPIO

Terremoto, l'onda sismica preoccupa Roma

Vincenzo Bisbiglia

Roma Est e Sud-Est. Roma non è una zona sismica, non ci sono rischi che sotto la Capitale possa svilupparsi l’epicentro di un terremoto. Ma è l’onda sismica a preoccupare. La mappa dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, infatti, non fa dormire sonni tranquilli ai romani. La città eterna in questi anni si è allargata tantissimo in termini di territorio, e l’aggiornamento delle tecniche di rilevazione ha spaccato in due la città in termini di mappa del rischio. Da San Basilio all’Eur, passando per Tiburtino, Prenestino, Collatino, Tuscolano, il municipio delle "Torri", Ostiense e Laurentino. È questa la porzione di Roma più pericolosa. L’Ingv ha classificato tutta quest’area come zona sismica 2, in una scala da 1 a 4, nella quale la zona 1 è intesa come quella in cui c’è il rischio che si verifichi un terremoto di maggiore intensità. I sismologi hanno sfatato anche la credenza diffusa secondo la quale il terreno tufaceo e ricco di cave su cui sorge la Capitale metta al riparo dalla propagazione di una violenta onda sismica. È vero esattamente il contrario: se si verificasse un terremoto con epicentro vicino a Roma, la conformazione del suo sottosuolo aumenterebbe il rischio del crollo degli edifici. Nel marzo del 2003, sull’onda emotiva del sisma di San Giuliano di Puglia, la Presidenza del Consiglio dei ministri decise di uscire dall’immobilismo, emanando un’ordinanza con cui si introduceva un elaborato di riferimento per la riclassificazione sismica a livello nazionale. In base a questi parametri la Regione Lazio rese sismico il 98,4% dei suoi comuni, rispetto al 73,5% della precedente classificazione del 1983, con un aumento considerevole di quelli passati in zona 1 e 2. Nel 2006 la Presidenza del Consiglio dei ministri, in collaborazione con l’Ingv, aggiornò i criteri che ciascuna Regione doveva seguire per la riclassificazione. «L’appartenenza di un comune a una zona sismica - si legge nell’ordinanza - deve essere definito tramite il parametro dell’accelerazione massima al suolo, su suolo rigido; svincolando la classificazione dal criterio politico del limite amministrativo utilizzato fino ad ora». Questa la ragione per la quale il territorio del comune di Roma è stato riclassificato seguendo la sua suddivisione in municipi (all’epoca erano 19). I risultati di questo lavoro congiunto tra l’Istituto di geofisica e la Protezione civile sono contenuti nella delibera della Giunta regionale del Lazio del 22 maggio 2009. «Non ha senso considerare il territorio del Comune di Roma come unica zona sismica - spiega la relazione tecnica allegata alla delibera - La sua estensione areale è quella di maggiore entità della Regione Lazio e la gran parte dei suoi 19 municipi hanno un’estensione superficiale superiore alla media dei comuni della Regione. Anche la popolazione, e quindi i relativi investimenti produttivi e sociali, è superiore, per ogni municipio, a moltissimi dei restanti comuni del Lazio. Dall’analisi della sismicità storica, inoltre, si evidenzia che i danneggiamenti risentiti dalle costruzioni durante gli eventi sismici sono variabili, eterogenei e diseguali nelle diverse zone del territorio romano». Così, se nel 2003 l’intero territorio del Comune di Roma era stato classificato in zona 3, nel 2009 alcuni dei suoi municipi hanno visto incrementare il livello di pericolosità sismica, passando in zona 2 e sottozona B. Si tratta nello specifico dei municipi che, secondo la vecchia denominazione, andavano dal V al XII e che ora, in base alla modifica della numerazione apportata nel 2013 dal Consiglio capitolino, vanno dal municipio IV al IX. Tutti gli altri, invece, rientrano nella zona sismica 3 e nella sottozona A. «Il territorio del Comune di Roma - si legge nella relazione tecnica sulla nuova classificazione sismica del Lazio - è interessato da valori di accelerazione di gravità estremamente differenti fra la zona costiera (Ostia) e le zone prossimali ai Colli Albani o ai Monti Tiburtini e Prenestini».