I clienti delle baby-squillo patteggiano mille euro di multa
Un anno di carcere (con pena sospesa) e mille euro di multa: questa la condanna patteggiata da quattro degli oltre sessanta clienti delle baby squillo dei Parioli che hanno raggiunto l’accordo con i magistrati. Una scappatoia che consente ai quattro clienti di sfuggire al processo pubblico e che segna il nuovo passo in avanti verso la chiusura di un capitolo estremamente doloroso nella storia recente della Capitale, dopo la condanna in primo grado, con la formula del rito abbreviato, per gli otto imputati del filone principale del procedimento. I quattro personaggi che hanno avuto il via libera dalla Procura al patteggiamento erano tra gli «utilizzatori finali» delle due ragazzine poco più che adolescenti ed erano perfettamente al corrente che le ragazze che avevano «affittato» per la propria libido personale fossero minorenni. Un patteggiamento che ricalca la condanna subita dagli altri due clienti condannati poche settimane fa e che apre la strada nei confronti degli altri indagati, individuati dalle forze dell’ordine. Le posizioni dei «clienti» in attesa di sentenza sono ancora al vaglio dei magistrati: tra loro ci sono quelli che, accortisi della giovanissima età delle squillo, hanno semplicemente girato i tacchi (per loro la Procura potrebbe a breve chiedere l’archiviazione) e quelli invece che in quello scantinato dei Parioli ci andavano proprio per il gusto del proibito o che non si erano resi conto del fatto che le due ragazzine fossero minorenni. Tra i clienti ancora in attesa di una sentenza ci sono anche il dirigente delle Ferrovie Mauro Fiorani (consorte dell’europarlamentare Alessandra Mussolini) che ha sempre affermato di non conoscere l’età delle ragazze e Nicola Bruno, figlio del senatore del Pdl, Donato. Si avvia così verso la conclusione il processo - uno dei tanti attualmente nelle mani della Procura - sullo sfruttamento delle ragazzine minorenni finite, loro malgrado, nelle mani di un gruppo di papponi (tra i quali Mirko Ieni, condannato a otto anni di carcere e considerato come il deus ex machina dell’intera vicenda) disposti a tutto pur di trarre il massimo vantaggio da due ragazzine giovanissime. Un processo doloroso terminato con la condanna di diversi soggetti, tra sfruttatori, ricattatori e clienti, e che è sfociato nella condanna della madre di una delle due «protagoniste» che, pur consapevole del baratro in cui era finita sua figlia, non aveva esitato a battere cassa per fare fronte alle proprie spese personali.