Cartelloni pubblicitari Valanga di ricorsi contro il piano

È una strada tutt’altro che scorrevole quella che la giunta Marino sta affrontando nella sua crociata contro gli operatori che gestiscono i cartelloni disseminati per le strade di Roma. «Li ridurremo da quattro a meno di dieci», ha proclamato il sindaco annunciando il lungamente atteso PRIP (Piano Regolatore Impianti Pubblicitari). Uno strumento, ancora da approvare definitivamente, che mira a disboscare le affissioni nella città, diminuendo drasticamente il numero di concessioni e alzando i canoni per queste ultime con la promessa di non intaccare le entrate per il Comune. Dopo gli annunci nella conferenza stampa dello scorso 6 maggio, però, la controffensiva delle società finite nel mirino dell’assessore al Commercio Marta Leonori ha segnato un piccolo punto a favore. Il Consiglio di Stato ha infatti sospeso momentaneamente l’efficacia delle diffide piovute sui gestori di impianti pubblicitari "senza scheda", cioè privi di autorizzazione, cui il Comune ha intimato di rimuovere i cartelloni a proprie spese ed entro 90 giorni con una delibera approvata a fine 2013. Quel provvedimento ha revocato in parte la delibera 116/2013 dell’ex sindaco Alemanno, annullando la sanatoria di circa cinquemila cartelloni abusivi non inclusi nella procedura di riordino avviata nel 2006 dal Comune di Roma. Il prossimo ventisette maggio lo stesso Consiglio di Stato dovrà decidere se annullare o meno gli atti di diffida conseguenti alla delibera di Marino. Nei mesi scorsi il Tar è stato sommerso da una valanga di ricorsi da parte dei gestori colpiti da Marino, che chiedevano di sospendere in via cautelare l’obbligo di rimozione degli impianti. Richieste sempre respinte, anche se nelle loro ordinanze i giudici amministrativi hanno affermato il diritto, per gli operatori danneggiati dal cambio di rotta del Comune, ad avviare azioni risarcitorie. Azioni che, scrivono i giudici, possono essere attivate anche alla luce della mancata adozione del Piano regolatore degli impianti pubblicitari, «cui l’amministrazione non ha ancora provveduto nonostante il lungo tempo ormai decorso pur essendovi tenuta per legge». Proprio su questi rimproveri, oltre che sulla gravità delle conseguenze derivate dalle cessate attività, puntano nel loro ricorso d’urgenza davanti al Consiglio di Stato gli avvocati delle società colpite dal provvedimento della Giunta Marino. Il tutto, in attesa che ancora il Tar prenda in esame, nel merito, la stessa legittimità della delibera di annullamento della sanatoria Alemanno.