
Falchi e gabbiani, duello nei cieli di Roma
Scettico l'ornitologo: «I rapaci non servono a risolvere il problema definitivamente»
Reali appunto. I gabbiani di Roma sono quelli reali e per specie, rango e grandezza sono i pennuti in cima alla piramide alimentare del cielo sopra i Settecolli. In sostanza non hanno antagonisti. Per questo il ricorso a falchi e falconieri per scoraggiarne il sorvolo e chissà impedire che il predatore (ovvero il gabbiano) uccida la preda (la colomba) come avvenuto in diretta domenica in piazza San Pietro, sarebbe una «idiozia». «Il gabbiano è più veloce del falco - spiega Fulvio Fraticelli ornitologo di fama e direttore scientifico del Bioparco - Si muove in gruppo e riesce a fare mobbing fino a metterlo in fuga». Non la pensa così Giancarlo Pirrotta, maestro artigiano di falconeria e falconiere per passione. «In due giorni con un falco si possono mandare via 1500 gabbiani reali - afferma - Il gabbiano è intelligente, avvista il rapace e lo comunica agli altri che si allontanano. Con i falchi li abbiamo mandato via da Caracalla per conto dei Beni culturali. Il rapace ha un campanello, i gabbiani registrano il suono e alla fine basta il quel tintinnio a per metterli in fuga». Pareri difformi tra scienza e pratica, cui si aggiunge l'Enpa, che esorta a non utilizzare più gli animali per tradizioni superate. «Gli animali che sono nati in cattività non sono in grado di riconoscere i predatori come tali e sono quindi incapaci di fuggire da eventuali situazioni di pericolo - spiega la Protezione Animali - Reimmetterli in un ambiente a loro sconosciuto ed esporli inutilmente a pericoli, condannandoli a morte certa, è inaccettabile». Che i gabbiani siano diventati padroni del cielo di Roma e di parte dei "tetti" del centro storico è indubbio. Fraticelli in questi giorni è alle prese con l'organizzazione di una conferenza sui gabbiani "urbanizzati". «Si terrà il primo marzo a Portici - dice - Servirà a valutare l'impatto della specie all'interno di alcune città in vista di un monitoraggio nazionale». Infatti a differenza di quelli comuni, che a Roma si fanno vedere in inverno sul Tevere, i reali hanno preso la "residenza". «Sono diverse centinaia di coppie - aggiunge l'esperto - Restano in città perché la fonte di cibo è inesauribile. Finché c'è quello non hanno motivo di andarsene». Infatti neppure la chiusura di Malagrotta ha portato dei benefici, e i gabbiani semplicemente vanno a fare la spesa altrove. «Non hanno problema a percorrere distanze di 60-70 chilometri al giorno - prosegue Fraticelli - Per loro si tratta di distanze insignificanti. A questo si aggiunga che molti li adottano rifornendoli di cibo. A Napoli mi raccontano che alcuni gli danno perfino la mozzarella, a Roma "rubano" il cibo dalla ciotole dei gatti, bussano col becco alle finestre di chi gli dà il mangiare». Intanto sui gabbiani della capitale l'anedottica fiorisce. C'è quello affiliato a una pescheria vicino piazza Mastai rifocillato ogni mattina con un gustoso boccone di pesce, oppure il pullo nato sui tetti vicino piazza Venezia cresciuto a spaghetti al pomodoro da una famiglia. Anche «Il Tempo» ha il suo gabbiano che viene a curiosare passeggiando spavaldo sulla balaustra dell'ultimo piano. Così se il giorno prima i volteggi dei gabbiani al tramonto ci hanno emozionato quello dopo siamo pronti alla guerra perché hanno attaccato un altro uccello davanti ai nostri occhi oppure disturbano la quiete con il loro verso. Si aggiunga che quando hanno i piccoli difendono il nido e diventano aggressivi in caso di pericolo. Fanno i genitori. Proprio come accade tra gli umani.
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