Bocciato il piano di rientro della sanità laziale
Il Piano di rientro definito nel 2007 per la sanità del Lazio non ha dato i frutti sperati. È quello che emerge dallo studio commissionato alla Deloitte da Unindustria, l’Unione degli Industriali e delle imprese di Roma, Frosinone, Rieti e Viterbo. Secondo il rapporto presentato questa mattina a Roma, il disavanzo iniziale - quasi 2 miliardi di euro nel 2006 - si è ridotto nei primi anni per poi mostrare una preoccupante tendenza al rialzo. Gli organi di verifica continuano a segnalare persistenti e gravi inadempienze agli obiettivi del Piano, la spesa pro capite resta la più elevata in Italia, l'aliquota Irap e l'addizionale Irpef, ulteriormente aumentate nel 2011, non vengono ridotte. Deloitte ha studiato le dinamiche di spesa del servizio sanitario della Regione con l’obiettivo di approfondire, a distanza di 6 anni dalla sottoscrizione del Piano di rientro con il Governo nazionale, le ragioni che hanno condotto al fallimento degli interventi sin qui realizzati e individuare i passaggi chiave di un percorso di risanamento strutturale. L'analisi si è soffermata sulle aree di maggior criticità, individuando puntuali misure correttive. Il tutto confrontando il Servizio sanitario regionale del Lazio con quello della Lombardia, regione che si distingue nel panorama nazionale per capacità di programmazione e di controllo dell'equilibrio economico finanziario del sistema. La Lombardia ha optato sin dal 1997 per un modello fondato sulla separazione della funzione di fornitura di servizi sanitari da quella di acquisto dei servizi stessi: le Asl hanno cioè «scorporato» la produzione diretta di servizi sanitari dalle loro funzioni, limitandosi all'acquisto da strutture pubbliche e private, entrambe accreditate. L'attività delle Asl si è così potuta focalizzare, oltre che sull'acquisto, sulla programmazione e sul controllo delle attività sanitarie. Secondo il rapporto, il Ssr lombardo è caratterizzato da un rigido controllo della spesa, dalla capacità di programmazione strategica e dalla capacità di attrazione di pazienti non residenti. Entrambe le regioni presentano un elevato numero di posti letto privati accreditati, ma il Lazio si distingue per l'attività delle case di cura accreditate, rivolta prevalentemente alla riabilitazione e lungodegenza. A caratterizzare il Ssr del Lazio - secondo il rapporto - la difficoltà di delineare una visione strategica, la mancanza di strumenti di governo della spesa, la mancanza di trasparenza e di regole chiare nel rapporto, l'alta degenza media preoperatoria, la concentrazione di grandi Policlinici universitari, il forte deficit di posti letto in Residenze sanitarie assistenziali, la frammentazione dei centri di specialistica ambulatoriale, la consistente presenza di case di cura private non accreditate con gli erogatori e la scarsa capacità di attrarre pazienti da altre regioni.