Anche l'Inno di Mameli finisce nel tritacarne elettorale
Inquel caso però si trattava soltanto di un utilizzo improprio, secondo il centrosinistra di allora, dell'incitamento sportivo rivolto soprattutto alla Nazionale di calcio. Il tema, dopo vent'anni si ripropone curiosamente con l'Inno di Mameli. Chissà se l'eroe risorgimentale avrebbe mai pensato di finire al centro di un paradossale dibattito in Aula Giulio Cesare. Più che le note sono le parole a infastidire alcuni consiglieri del Pd, ovvero "fratelli d'Italia», il neonato movimento fondato da Giorgia Meloni e il gruppo dei «gabbiani» e che in Campidoglio conta già tre consiglieri. A far partire "le danze" della polemica politica, la consigliera comunale, candidata al Senato per il Pd, Monica Cirinnà che ha annunciato una mozione per chiedere di limitare l'esecuzione dell'Inno di Mameli alle celebrazioni ufficiali. A darne notizia il presidente dell'Assemblea capitolina, Marco Pomarici: «Vogliono limitare l'Inno d'Italia in Aula per ragioni politiche. Per analoghi motivi volevano proibirci di gridare Forza Italia ai Mondiali». Il movente è chiaro «il centrodestra non può ritenere più patriottica una esecuzione musicale che ha svilito sia politicamente con alleanze antinazionali e antiunitarie e con atteggiamenti poco consoni al decoro dovuto in concomitanza dell'esecuzione dell'inno d'Italia», riferisce la Cirinnà che continua «peraltro le reazioni del centrodestra oggi sono del tutto fuori luogo e contraddittorie considerando che sia il Pdl che il neonato gruppo che si è appropriato del nome "Fratelli d'Italia", hanno nuovamente stipulato l'ennesimo patto con la Lega». A dare man forte alla paradossale polemica, il collega capitolino Athos De Luca: «L'idea di aprire ogni seduta del Consiglio Comunale con l'inno nazionale, è stata una forzatura del centrodestra, sempre incline a strumentalizzazioni retoriche dei sentimenti nazionali»; e ancora dal consigliere regionale del Pd, Enzo Foschi: «La destra romana è davvero ridicola. Vogliono l'inno in Consiglio, fanno a parole i nazionalisti, ma sulla carta restano alleati della Lega che intende spaccare l'Italia e umiliare la Capitale. Un po' di coerenza non guasterebbe». Curioso come l'inno si suoni ad ogni seduta dell'Assemblea capitolina da cinque anni, e dunque anche quando il Pdl era al governo con la Lega, ma che la sua dignità venga lesa soltanto adesso, all'esordio del gruppo Fratelli d'Italia a Palazzo Senatorio e in piena campagna elettorale. Una richiesta «ridicola e pretestuosa - commentano Federico Mollicone e Andrea De Priamo, rispettivamente capogruppo e consigliere di FdI - Cirinnà pensi al suo collega Alzetta che ogni volta esce dall'Aula per non cantare Fratelli d'Italia. Un conto è la comunicazione politica, un altro è strumentalizzare un simbolo di tutti che rappresenta unità nazionale, fratellanza e rispetto per la propria Patria. Evidentemente Cirinnà, per farsi un po' di pubblicità, è disposta a tutto». Evidentemente tacciono gli altri esponenti del Pd capitolino..