Il Pdl fa quadrato sulla Lorenzin
Oquasi. Al termine di un vertice con Silvio Berlusconi, al quale ha partecipato anche il sindaco Alemanno, il Pdl ha finalmente il suo candidato. Manca soltanto la benedizione ufficiale del Cav e la deputata ed ex coordinatrice regionale di Fi, Beatrice Lorenzin correrà per la successione a Renata Polverini. La scelta del resto, come anticipato da Il Tempo, era stata fatta venerdì sera, quando ci si è resi conto che rinunciare a un candidato di partito a sostegno del leader de La Destra, Francesco Storace, si sarebbero persi, per l'effetto traino, un paio di seggi tra Camera e Senato e anche qualche posizione alla Pisana. La Lorenzin è dunque una candidatura di bandiera ma non di ripiego. Impegnata nella politica capitolina, dove è stata battagliera consigliera in Aula Giulio Cesare, la Lorenzin dovrà ora affrontare la sfida più dura. La campagna elettorale per mantenere il governo della Regione infatti è tutta in salita. C'è lo scandalo della gestione dei fondi ai gruppi della Pisana, esploso proprio dal Pdl. Berlusconi ieri ha ribadito: «Cambieremo tutto. Nessuno dei vecchi consiglieri del Pdl in Lombardia sarà rimesso in lista, saranno tutti nuovi e faremo la stessa cosa nel Lazio». Difficile a questo punto unire un partito e una coalizione che, a un mese e mezzo dal voto, è più divisa che mai. Perso l'alleato Udc, al governo con la Polverini, si dovrà ora recuperare anche Francesco Storace. Indicato solo una settimana fa da Berlusconi stesso come il candidato da sostenere per la corsa alla guida del Lazio. Una candidatura unitaria che con la Lorenzin potrebbe svanire. «Oggi (ieri ndr) la consegna delle firme raccolte in tutta Italia per La Destra alle politiche. Domani sera (stasera ndr) ufficio politico. Stufo delle chiacchiere», ha scritto su Twitter, Storace. Non sono pochi quelli che aspettano una decisione dell'ex governatore che dovrà decidere a questo punto se aderire alla coalizione o correre comunque da solo. Sembravano invece più vicini ad un appoggio esterno al Pdl i «Fratelli d'Italia», con Giorgia Meloni intenta a sottolineare di «essre stati i primi a chiedere a Berlusconi un passo indietro», salutando con favore le parole del Cav sull'indicazione del premier post voto. Se da una parte si apre lo spiraglio del movimento di Meloni, La Russa e Rampelli verso il Pdl, dall'altra però si richiude con l'addio al partito della capogruppo alla Pisana Chiara Colosimo che, insieme ad altri due consiglieri, Giuseppe Melpignano (Lista Polverini) e Gina Cetrone (Pdl). L'adesione dei tre a Fratelli d'Italia era praticamente scontata. Meno i toni con i quali l'ormai ex capogruppo ha dato il benservito al partito. «Mi dimetto da capogruppo e lascio il Pdl perché questa non è più la mia casa - spiega la Colosimo - perché quando ti vergogni dei tuoi compagni di viaggio non puoi più continuare a camminare con loro. Ero stata chiamata a prestare il mio volto e la mia voce per dire che volevamo tornare ad essere il "partito degli onesti", ma nemmeno nella situazione oggettivamente tragica che mi sono trovata a ereditare ho avuto per un solo giorno aiuto e sostegno dai vertici - sottolinea - La verità è che il Pdl nel Lazio non esiste, un partito che non è stato capace nemmeno di presentare le liste alle regionali che ci hanno eletto, che ha visto Franco Fiorito finire in galera, che ha lasciato cacciare indiscriminatamente i suoi assessori dalla giunta Polverini senza proferire una parola». L'uscita dal governo regionale dell'assessore Francesco Lollobrigida, rampelliano doc e cognato della Meloni, è una spina nel fianco degli ormai ex colleghi di partito difficilmente sanabile. Un po' come l'uscita dalla giunta Alemanno di un'altra rampelliana doc, Laura Marsilio. Il punto, però è che la coerenza vorrebbe Lollobrigida dimettersi dal coordinamento provinciale del Pdl. Atto incompiuto ma non più rinviabile. «Dispiace che Chiara Colosimo giustifichi la sua scelta di lasciare il Pdl, scelta correntizia e non di ideali - replica Annagrazia Calabria, deputata e coordinatore nazionale dei giovani Pdl - cadendo nel più antico e sgradevole dei comportamenti: rinnegare la bontà dell'impegno politico profuso dal Pdl anche nel Lazio. Non si comprende, infatti, il suo bisogno di manifestare astio verso un partito che le ha permesso di essere consigliere regionale a 23 anni, utilizzando i voti del listino Pdl e non con le sue eventuali preferenze. Stupisce inoltre la sua così grande rabbia verso il Pdl dopo che lei ha fatto di tutto per diventarne capogruppo». Riusciranno gli ex colleghi di partito a ritrovare l'unità perduta? Se il buon giorno si vede dal mattino al candidato del centrosinistra, Nicola Zingaretti, non resta che sedersi e aspettare l'apertura delle urne il 24 e il 25 febbraio. Al resto ci penserebbe infatti il fuoco amico dentro e fuori il Pdl.