La vera svolta non può più attendere
Ètuttavia vitale una riflessione su quanto accaduto, e ancora sta accadendo, all'interno del centrodestra laziale e romano. Ovvero nazionale. Perché la «destra» o centrodestra nasce nella Capitale e quì rischia di morire, dopo una lenta, incredibile agonia. Due anni e mezzo in cui per la prima volta nella storia il Pdl ha avuto l'onore, prima ancora dell'onere, di governare Regione e Campidoglio. Un'occasione probabilmente irripetibile non solo per concretizzare quel progetto politico di sintesi tra economia liberale e tutele sociali, ma anche per formare una classe dirigente in grado di portare sulle proprie gambe questo progetto, a prescindere dal leader. In parole povere, formare un partito. Così non è stato. Anzi. Dalla fine di marzo del 2010, quando la lista del Pdl di Roma e Provincia venne clamorosamente esclusa dalla competizione regionale ad oggi, la storia del neonato partito non registra passi avanti, piuttosto un cammino a singhiozzo tipico del successo dei perdenti. La lotta di potere tra le correnti ha influito l'azione di governo in Campidoglio e portato all'abisso l'esperienza Polverini alla Regione. Senza un obiettivo comune, le diverse anime si sono concentrate ognuna sul proprio orticello, senza rendersi conto che alla fine dei giochi sarebbe rimasto ben poco di quanto seminato. L'epilogo è chiaro. Alemanno si ricandiderà in Campidoglio, ma vuole le primarie per sancire l'autorità della sua corsa al secondo mandato, giocando a carte scoperte per evitare il fuoco amico. O almeno limitarlo. La Polverini, piuttosto che assistere impotente al cannibalismo del Pdl alla Pisana, ha preferito riconsegnare le chiavi del Lazio. È accaduto a fine settembre. Ad oggi, quella stessa classe dirigente che non può non sentirsi responsabile di tanto disfacimento, non è stata in grado di esprimere un candidato alla guida della Regione ma frena con imbarazzante silenzio l'unica alternativa concreta, quella di Francesco Storace. Può no piacere certo, considerato il passato burrascoso dell'ex collega di partito, ma obiettivamente è proprio a lui che il centrodestra, o meglio ciò che resta del Pdl, si deve affidare per recuperare identità, prima di tutto. Così come sono molti ad alzare gli occhi al cielo guardando un Berlusconi che, oggi come nel 2010, rappresenta nonostante tutto e tutti, l'unica ciambella di salvataggio, perché in grado di unire, nel bene e nel male. Gli altri, al momento, hanno solo diviso. I risultati sono lampanti.