Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Tornano i piatti di Cesaretto

default_image

  • a
  • a
  • a

Daitavolini alle pietanze, tutto è rimasto inalterato, soprattutto la romanità. Andando contro l'attuale tendenza di lasciare a cuochi stranieri l'ardito compito di realizzare i piatti tipici della tradizione romana, i nuovi gestori, Jacqueline Margareth Eversfield e Arturo Plazzotta, hanno fatto in modo che il locale restasse intatto nello stile, ma anche nell'organizzazione. Il personale è rigorosamente italiano, a partire dallo chef, il giovane 24enne Alessandro Tiscione. È lui a spiegare come deliziare i palati dei commensali: «I nostri cibi sono a Km zero. I vini sono quasi tutti biologici, compreso quello della casa che è un Riserva della Cascina, azienda che ha le vigne sull'Appia Antica. Carni, pesce e ortofrutta, tutto è scelto con la massima cura tra i prodotti romani e laziali». Il menù tradizionale romano, nella Fiaschetteria Beltramme viene osservato rigorosamente: gnocchi il giovedì, alici fritte o pasta in brodo di broccoli e arzilla il venerdì, trippa il sabato e gli altri giorni amatriciana, carbonara, gricia e cacio e pepe. Ma, arte culinaria a parte, la storia di questo locale si legge sulle sue pareti. Quadri di pittori rinomati nel mondo, donati dagli avventori dell'epoca, foto di personaggi celebri e articoli di giornale. Entrando dalla tipica porta di legno e vetro si respira un'antica storia. Sembra quasi di vederli ancora seduti lì in fondo, al tavolo sociale, dove chi arriva e trova posto può sedersi: Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Laura Betti e poi ancora Ennio Flaiano e Federico Fellini che in questo locale idearono le sceneggiature di Otto e Mezzo e La Dolce Vita. Fu Cesare Beltramme, Cesaretto, ad aprire la Fiaschetteria nel lontano 1886. A partire dagli anni '30 del 900, ma ancora di più nel dopoguerra, lo spartano locale divenne un ristorante frequentato da artisti e scrittori. Oltre a quelli già citati, altri habituè erano De Chirico, Guttuso, Schifano, Burri, Maccari, Cavani, Soldati. Quando tra gli anni '70 e '80, Luciano Guerra, allora proprietario del locale, si vide presentare, dal proprietario delle mura, l'assurda decisione di sostituire il ristorante con un negozio di jeans, i clienti più famosi si mobilitarono e proprio Maccari si mise a capo di una delegazione di fedeli frequentatori, andando a protestare dal ministro dei Beni Culturali Biasini, riuscendo ad ottenere un vincolo che ne garantì la continuità. Una lastra di pietra sulla parete sinistra del locale, datata 19.6.1980, ricorda quella decisione: «Cesaretto è, su decreto del Ministero per i Beni Culturali, di valore rilevante ai sensi della legge sulla tutela delle risorse di interesse artistico e storico». Annarita Carbone

Dai blog