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«Senza i soldi in tasca il San Raffaele chiude»

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Il telegramma della proprietà a Bondi: dica come pagherà o non possiamo garantire le cure

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È questo il nodo ancora da sciogliere. Sapere in che tasche finiranno i fondi sbloccati dal commissario. E in attesa di conoscere «in che modo» Bondi «pagherà» le barricate di letti su via della Pisana sono state tolte. «Ma è solo una tregua» spiegano i primari Maurizio Volterrani con i colleghi Fiorella Guadagni, Giorgio Albertini, Vittorio Cardaci, Enzo Lancia, Niki Lepera. Malati, medici, e la proprietà restano in attesa di capire se i fondi sbloccati da Bondi - 20 milioni a fine mese, 14 a gennaio (ma il credito vantato è di 260 milioni) - sono soldi che possono garantire la continuità delle cure. Ieri la San Raffaele Spa ha diffuso il testo del telegramma inviato al Commissario Enrico Bondi e, per conoscenza, ai Prefetti di Roma, Frosinone e Viterbo. «Sconcertati dall'atteggiamento del commissario, dott. Bondi, che non ha ritenuto utile il confronto con l'azienda già programmato per venerdì 21 dicembre 2012, apprendiamo con stupore da notizie di stampa di alcune promesse di pagamento parziale al cessionario Unicredit Factor S.p.A - si legge nel fax firmato dal presidente del San Raffaele spa Carlo Trivelli e dall'Ad Antonio Vallone - Nel mentre attendiamo di conoscere il dettaglio delle fatture onorate, invitiamo il commissario, dott. Bondi, a comunicarci, con estrema urgenza le modalità di pagamento degli ulteriori nostri rilevanti crediti con particolare riguardo a quelli derivanti da sentenze già passate in giudicato ben note alla struttura commissariale e sulle quali già sussiste una colpevole malevolenza regionale. Solo all'esito di tali precisazioni potremmo assumere le conseguenti determinazioni sulle sin qui confermate chiusuere delle nosre strutture sanitarie». Il Comitato per la Difesa del San Raffaele «esprime sorpresa e dissenso per la modalità con cui l'amministrazione regionale e commissariale continua a gestire lo stato di crisi del Gruppo San Raffaele ingenerato dai fortissimi ritardi nei pagamenti delle spettanze e da un debito della Regione Lazio nei confronti della San Raffaele Spa ammontante ad oltre 260 milioni di euro». Il Comitato, «in attesa di conoscere dall'azienda se i pagamenti preannunciati dal commissario di governo Bondi effettuati direttamente alla banca cessionaria saranno in grado di generare la liquidità utile per pagare gli stipendi arretrati e i fornitori di farmaci e presidi, garantendo così la continuità delle attività assistenziali». Nel frattempo verrà mantenuto «alto lo stato di vigilanza e continuerà a difendere il diritto al lavoro degli operatori diretti ed indiretti ed il diritto alla salute delle migliaia di pazienti quotidianamente assistiti nelle 13 strutture sanitarie del Lazio». Il coordinamento del comitato ha indetto per domani una riunione per incontrare anche i propri legali e «impostare le eventuali opportune iniziative a seguire». Sarà una vigilia di Natale di attesa anche per i genitori dei bimbi portatori di handicap seguiti dal centro di eccellenza. «Siamo di nuovo pronte a scendere in campo» dicono una delle portavoci, Elisabetta Ciccolini, 43 anni. «Faremmo tutto per salvare il centro che è la vita per i nostri figli» dicono Elisabetta Scotti, Lorena Guerrieri, Gemma di Giambenedetto, Catia Pantanella, Tamara Federici, Andrea Viola, Alessandro Mei, Patrizia Gazzotti, Miriam Dri. A Torrevecchia, il corteo dei professionisti del San Filippo Neri, partito ieri mattina dall'ospedale, ha fatto ritorno nel piazzale antistante la struttura sanitaria dove è iniziata un'assemblea pubblica. Dopo aver attraversato le via limitrofe all'ospedale, via Trionfale. La sanità regionale è pronta a bloccarsi in toto con uno sciopero generale. Lo hanno scritto al prefetto ieri i sindacati confederali di categoria, e del personale del Servizio Sanitario Regionale tutto, sia del comparto pubblico che del comparto privato accreditato, dell'ospedalità privata, dell'ospedalità classificata e dell'ambulatorialità, che si sentono obbligate a denunciare la grave situazione.

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