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Marchini si candida a sindaco Missione: spaccare i partiti

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Il suo bacino elettorale: renziani, grillini e i delusi di Alemanno

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Inprincipio fu Luigi Abete il più "nominato" nei salotti della politica. Poi da qualche settimana il nome di Alfio Marchini è stato prima sussurrato, poi sostenuto con più decisione e, infine, confermato ieri dal diretto interessato, ospite della trasmissione di Lucia Annunziata. «Lanceremo una lista civica, primo passo di un progetto più ampio, un movimento civico metropolitano», ha detto Marchini, 47 anni, erede di una dinastia romana di costruttori tradizionalmente legata alla sinistra. «La risposta al perché mi candido è in una parola: passione. Nella nostra famiglia c'è sempre stata grande passione. Bisogna fare qualcosa, l'offerta politica e partitica non soddisfa né le mie aspettative né quelle del 40-50% della gente, sia a livello locale che nazionale». Le idee Marchini ce l'ha già chiare. Dal punto di vista amministrativo e politico. Per quanto riguarda il primo, tranquillizza gli ambientalisti: «Oggi Roma ha bisogno di tutto fuorché di una nuova espansione di costruzioni - ha detto l'impreditore - Roma piuttosto deve fare una grande operazione di manutenzione ordinaria e straordinaria»; poi sul conflitto d'interessi: «Due mestieri insieme - spiega - non sono in grado di farli, la scelta di candidarmi presuppone una scelta radicale. Ho un'attività industriale, che tra l'altro ha ormai nella costruzione un aspetto marginale. Diamo lavoro a 3mila famiglie, quindi non voglio mettere a rischio il futuro di queste aziende. Perciò ho dato mandato di cedere ogni attività che possa confliggere con l'attività che inizio a fare da oggi. Sono in fase avanzata trattative con gruppi stranieri». È tuttavia l'aspetto politico, in un momento in cui su Roma il Pd deve ancora calare l'asso più importante, a interessare. E a far tremare qualche sedia. Non a caso le reazioni stizzite del Pd la dicono lunga su come la partita si possa giocare in modo diverso da come pensato sin qui. L'imprenditore, evidentemente, ha già fatto i suoi conti. «Speravo che Alemanno, pur non avendolo votato, potesse essere il Petroselli di destra, ma non lo è stato - sostiene Marchini - molti sono delusi da lui ma non voteranno il Pd». L'obiettivo dunque è duplice. Raccogliere il consenso di chi pur non essendo di centrodestra ha votato nel 2008 Alemanno e, magari, togliere qualcosa a "renziani" e grillini. «Non c'è nulla di sbagliato nel Pd ma è una casa cui io non appartengo. Ci sono molti moderati che non trovano risposta nel Pd» che, ammette, di trovare troppo «chiuso». Poi, su Beppe Grillo: «ho un giudizio positivo, ha creato un movimento di opinione importante. Ho mandato alcuni miei infiltrati a sentire i grillini di Roma - ammette - sono professionisti, gente utile alla città che usa argomenti non demagogici. Senza l'esperienza di Grillo avremmo più confusione e ribellione nelle strade. Tuttavia gli mancano le soluzioni pratiche». Insomma il nuovo candidato a sindaco di Roma ha già ben chiaro chi sono gli avversari. La contromossa, adesso, spetta a loro.

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