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Maturità, prof di greco contro Aristotele

Ragazzi impegnati in una prova degli esami di maturità

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Ora che i maturandi d'Italia sono alle prese con gli orali e la seconda prova scritta dovrebbe essere ufficialmente archiviata c'è un manipolo di docenti del Liceo Classico romano «Aristofane» che non vuole far cadere nell'oblìo la prova impossibile di traduzione dal greco (il brano di Aristotele da «De partibus animalium I,(A), 5, 645 a) «assolutamente inadeguata, inutilmente difficile nella sintassi e nel lessico» che, come sottolineano i prof orgogliosamente autodefinitisi "insegnanti di lingue morte", è stata giudicata «ostica» anche da grecisti di chiara fama come Eva Cantarella e Luciano Canfora. I docenti di greco e latino dell'Aristofane capitanati dal preside Claudio Salone e dalla loro portavoce, prof. Feliciana Bo, hanno scritto una lettera aperta al ministro dell'Istruzione Francesco Profumo che, in questi giorni, circola tra i vari istituti di esame e incassa adesioni e consensi informali. Fondamentalmente domandono (e si domandono) i prof il perché di una simile scelta, se c'è un tentativo di scoraggiare i ragazzi che, nonostante tutto, hanno ancora intenzione di intraprendere studi classici oppure se addirittura è ormai opinione comune che il Liceo Classico sia passato di moda e, allora, tanto vale che si estingua «magari sommerso da quel forno/letamaio presso cui Eraclito si riscaldava» (citazione presa direttamente dalla versione di Aristotele). Un po' come succede in Grecia, spiegano i docenti, dove i tumuli degli eroi di Salamina sono ricoperti dall'immondizia. Gli insegnanti delle lingue morte attualmente impegnati negli esami di Maturità hanno potuto sperimentare di persona lo sconcerto e il senso di frustrazione che la versione di Aristotele ha scatenato nei ragazzi. Molti docenti, mossi a pietà, hanno aiutato i ragazzi a sbrogliare la matassa di parole all'apparenza «in libertà» che affollavano il foglio, a muoversi tra i significati ambigui, a scegliere l'intepretazione più adeguata di costrutti e di frasi. «Certo che poi, alla fine, ci saranno pure quelli che si licenzieranno con il massimo dei voti - spiega una professoressa firmataria della lettera - ma perché nel momento della prima prova importante della loro vita, gli è stato somministrato un testo così assurdo?». La lettera vista da un occhio superficiale potrebbe sembrare un escamotage degli insegnanti dell'Aristofane per giustificare una preparazione insufficiente e non adeguata a sostenere l'esame di maturità dei loro studenti. Niente di tutto questo. I professori che dicono invece di appartenere a quella categoria «che ancora crede nella scuola pubblica e nel valore educativo dello studio del mondo antico» confermano di confrontarsi quotidianamente con splendidi ragazzi «che al giorno d'oggi, coraggiosamente, hanno deciso di investire negli studi ad indirizzo classico». Infatti tra i loro studenti «non ci sono solo quelli che scaricano le versioni da Internet ma anche ragazzi seri che sudano le famose sette camicie sui testi che noi proponiamo loro» dei testi adeguati alla loro preparazione e anche interessanti perché «parlano di libertà, di responsabilità individuale e collettiva, di democrazia, di pace, di guerra, di giustizia, di diritti, di amore in tutte le sue forme». Insomma dei ragazzi che al teatro greco di Siracusa insieme ai loro professori «ridono con Aristofane, si emozionano e si commuovono con Eschilo e Euripide» e soprattutto «pensano e scoprono con orgoglio che stanno facendo qualcosa d'importante per sé stessi e per gli altri». C'è l'orgoglio di appartenere a una minoranza che ancora crede nei valori fondanti della civiltà «il pensiero ha bisogno di ideali per fiorire e noi, studenti e professori del Classico, vogliamo continuare a tenerli in vita questi ideali e a combattere, come gli eroi di Salamina, contro la barbarie che avanza» e una difesa a spada tratta degli studenti del bistrattato liceo classico «che con la leggerezza e la spontanea ironia dei loro diciotto anni, si sentono, loro sì, veramente, cittadini del mondo e capiscono che è sui testi greci e latini che si è formato il pensiero libero, la capacità di introspezione, il criterio di giudizio, il senso del bello, del giusto, del vero». Sono loro i veri diamanti nella polvere «disposti a sacrificare il loro prezioso tempo sui libri, perchè, come Seneca ha loro insegnato, sanno che non lo stanno perdendo, ma lo stanno tesaurizzando».  

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