Musica elettronica e birra L'Olimpico come Woodstock
Sembra di trovarsi a un rave party di chissà quale esotica località e invece siamo allo stadio Olimpico di Roma. Ce lo dice il nome stesso dell’evento: SounDrome. Con la D maiuscola come Dance. Definirlo un semplice concerto non rende. Su un palco pieno di ballerine e animatori sfilano i più grandi dj mondiali e quasi cinquemila ragazzi da tutta Italia si sono precipitati per ballare sotto l’incalzante ritmo elettronico dalle 2 del pomeriggio fino a mezzanotte. Tiesto, Sebastian Ingrosso, Planet Funk e Max Vangeli sono solo alcuni dei dieci più gettonati «operatori della musica», conosciutissimi soprattutto dalla generazione nata intorno agli anni Novanta. Ma anche i ragazzi che fanno già parte del mondo del lavoro non disdegnano il genere musicale. Come Francesco Calabrese, 26 anni, che è subito corso a comprare il biglietto quando ha saputo che Tiesto, il suo dj preferito, era il pezzo forte della kermesse. C’erano anche quelli del Circo Nero, i trampolieri dark, a destreggiarsi fra i ragazzi. Sessanta euro l’ingresso normale, novanta quello «vip», ma a farsi corteggiare dai bagarini ne pagavi anche trenta. Già, perché la crisi ha toccato anche loro, che prima vendevano i biglietti a prezzi maggiorati e oggi sono costretti a fare affari a metà. Divertimento consapevole e bere responsabile: questo il mantra di «Roma non Stona», uno slogan che ha spopolato sul web e sui social network, portando gli appassionati della dance elettronica a sopportare il caldo, per ascoltare gli amati dj. Magari a torso nudo o in costume. Marcello Cipriani, 30 anni, è fra i pochi a non aver ancora partecipato a festival della musica così imponenti. «Non me ne vado per vedere la partita, rimango qui a guardare la proiezione nel maxischermo». Già, perché il punto interrogativo maggiore era proprio la partita, per la quale si temevano grandi defezioni. Tutto sommato è andata bene, anche se Simona e Roberta, giunte a Roma dopo un viaggio di 4 ore da Genova, si aspettavano più gente. La ventiduenne Marta M., invece, sembra più delusa. Lei, nonostante la giovane età, di feste così ne ha fatte già tante. In Olanda o in Germania, ad esempio, aveva trovato dei controlli più efficaci. Qui al massimo davano un’occhiata alla borsa e chi aveva portato alcol da casa, per non buttarlo, se lo beveva tutto d’un fiato prima di entrare. Una volta entrati nel grande parterre, comunque, non c’era difficoltà nel trovare bevande alcoliche. Per cinque euro ci si comprava una Ceres in bottiglia di plastica. E così, nei vari gruppetti di ragazzi, fin dalle cinque del pomeriggio era raro trovarne qualcuno pienamente sobrio. Se è stata alta la preoccupazione per la movida su Trastevere, tanto da riempire le tradizionali stradine di telecamere e sensori che intercettano, l’odore di alcol, sull’Olimpico in versione electrosound, è stato calato il sipario dell’attenzione. Appena accanto ai tornelli d’ingresso c’era solo uno stand solitario del Ministero dell’Istruzione. Davano ai passanti un opuscolo sulla guida sicura nella strada. Ma nessuno sembrava averlo tra le mani. I creatori del festival, comunque, sembrano aver avuto una grande idea. È la prima volta, infatti, che a Roma si celebra un evento in grado di riunire dj di fama mondiale. Peccato per l’organizzazione, che non ha saputo impedire qualche rissa o gli inevitabili blackout all’impianto audio. La sponsorizzazione su internet, invece, è stata molto innovativa.