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«Ci siamo anche noi» Da Tor Bella Monaca ad Acilia tante vittime

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Maquasi non ci crede che potrà rincasare, lei che da quest'inverno dorme «in cucina», «ospite della figlia a Capranica», perché «siamo in sei» aveva raccontato domenica su Il Tempo Vincenza Bufalini, 70 anni, grande invalida, respira con la bombola di ossigeno. Eppure sembra certo che una delle tre case sgomberate ieri all'ora di pranzo a Colle Aurelio, tra Massimina e Pisana in XVI municipio, sia la sua. «Ho saputo che hanno finalmente liberato le nostre case occupate ma sarà proprio vero?» chiede preoccupata. Rimpiange di «non aver visto coi miei occhi mentre cacciavano via quegli arroganti». Lei è stata beffata due volte. «A Febbraio ero in ospedale - ricorda - avevo dato le chiavi a una parente e una nipote mi ha occupato la casa». Anche lei incinta? «Lo ha detto, ma vero o falso, il risultato è lo stesso: tanto lo sanno tutti che basta dire che aspetti un bambino per restare in una casa che non ti spetta». «Finalmente li hanno mandati via. Ma ci siamo anche noi». Gli inquilini delle case popolari di Colle Aurelio, sfrattati dalle bande che arruolano zingarelle incinta per mandare via i legittimi assegnatari purtroppo sono in buona compagnia. Le occupazioni col duo infallibile - il basista e la donna col pancione - ha mietuto vittime da un capo all'altro della città. E ora anche gli altri reclamano giustizia. «Liberate anche casa mia a Tor Bella Monaca o datemene un'altra» dice Sandra Mauti, 49 anni. Assegnataria di una casa popolare in via dell'Archeologia è stata occupata proprio nel giorno in cui ne stava prendendo possesso. «Avevo appena portato i mobili dentro» ricorda. E anche lei ha dovuto fare fagotto. Anche Angelo Chiapolini, 79 anni, di Acilia ha saputo del blitz a Colle Aurelio. «Sono contento per loro» dice mentre è ancora ricoverato alla clinica Mary House. La sua casa in via Cesare Macari a San Giorgio, occupata giovedì col solito sistema della donna incinta, era stata liberata il giorno dopo, cioè venerdì, da un'insurrezione popolare. «Gli hanno fatto capire che non l'avrebbero passata liscia» ricorda. Ma lui teme ancora. «Chissà che succederà se continua la degenza in clinica».G. M. Col.

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