«Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere» i tre poliziotti del Commissariato Tor Pignattara.
Giovedìil magistrato voleva interrogarli ma loro non hanno risposto alle domande. Il loro avvocato difensore Mauro Ariè spiega: «Prima vogliono conoscere bene di cosa li si accusa, poi forniranno spiegazioni al giudice Aldo Morgigni, che valuterà con la sua solita attenzione». Nelle dodici pagine dell'ordinanza si dice dell'altro. Si sostiene che gli indagati «hanno realizzato una stabile organizzazione criminale di pubblici ufficiali dediti all'estorsione in modo sostanzialmente abituale, con elevata e immediata capacità di reimpiegare i capitali illeciti realizzati con i delitti perpetrati... fidando nell'omertà delle vittime che gli assicurava la possibilità di commettere altri reati in danno di ulteriori vittime». Non solo. Il Gip sospetta pure che i poliziotti trattenessero la droga sequestrata per rivenderla. E cita un caso in cui i tre avrebbero scoperto stupefacente nel garage di un pregiudicato malvivente senza portarlo a distruzione. «Le accuse - sottolinea l'avvocato - sono estramamente sproporzionate rispetto alla qualità degli uomini. Si tratta di persone decorate, che hanno ottenuto riconoscimenti per il lavoro svolto. Sono dei professionisti seri. E non credo che poliziotti simili si farebbero consegnare migliaia di euro in Commissariato, zeppo di telecamere. Ciaramibino (il commerciante vittima della presunta estorsione (ndr) ha presentato un'articolata denuncia che va attentamente valutata. Farò delle indagini - assicura Ariè - Nell'ordinanza si fa riferimento ad altre presunte vittime, ma non si fanno i nomi. Si muovono ulteriori accuse ma in modo generico, togliendo credibilità alla prima contestazione. Ciarambino e il suo socio dicono che sono stati picchiati in Commissariato. Perché si sono fatti refertare tre giorni dopo? Dicono che i tre avrebbero alzato la musica per soffocare il rumore delle percosse. Ma che siamo a via Rasella, al tempo dei nazisti? È troppo. dobbiamo capire che cosa è successo». L'avvocato ha incontrato i poliziotti in carcere. «Sono tre le reazioni - spiega il legale - La rabbia, perché è stata messa alla berlina la loro immagine di uomini stimati. La preoccupoazione per le famiglie e per i propri figli, abituati a vedere i padri come tutori dell'ordine e adesso in prigione. E poi la determinazione che li porta a dire:"Cerchiamo di capire e di difenderci"». Fabio Di Chio