La discarica dimenticata al Santa Maria della Pietà
Uno sceneggiatore il parco degli orrori perfetto se lo immaginerebbe proprio così. Come un ex manicomio in rovina, con la fontana monumentale ridotta a un rudere annerito, alberi malati, tizzoni di falò notturni, vecchie flebo sotto le altalene dei bimbi, androni imbottiti di montagne e montagne di rifiuti e cartelle cliniche di chissà chi e chissà da quanto. Questa però non è finzione, ma la sede dell'Asl RmE, dove i luoghi un tempo occupati dal manicomio della provincia mettono ancora i brividi. Nel comprensorio di Santa Maria della Pietà, oltre 25 ettari di terreno tra la Trionfale e via di Torrevecchia a Monte Mario, c'è tutto ciò che non ti aspetteresti di trovare all'interno di un polo ambulatoriale e sanitario: discariche a un passo dai dipartimenti di igiene pubblica, disperati che hanno trasformato ex stanze ospedaliere in bivacchi, anche un piccolo accampamento rom che costringe pazienti e ambulanze, all'ingresso laterale di via Vinci, a schivare roulotte, materassi e vetri rotti. Troppe zone d'ombra per un presidio su cui conta un bacino d'utenza molto ampio, punto di riferimento di Roma nord, e frequentato anche perché, tra concessioni e occupazioni illegittime (è il caso del ritrovo Ex Lavanderia nel padiglione 31 e di un altro stabile di cui si sono appropriate una decina di famiglie), vi hanno messo radici associazioni e fondazioni che operano in ambito sociale. Questi spazi perdono la fisionomia del centro sanitario appena superato l'ingresso. Già il «lato B» del padiglione principale che ospita la direzione sanitaria si affaccia su una fontana disastrata. Pochi metri più avanti ci si imbatte nel primo immobile fantasma. Nonostante le porte murate, e nonostante una squadra di vigilantes pattugli la zona, al primo piano ci sono bivacchi di fortuna e discariche tenute sotto chiave. Oltre i vetri rotti dei padiglioni, è il caso tra gli altri delle strutture IV e X, i rifiuti raggiungono il soffitto, chiazzato di muffa. Si possono trovare materiali ancora imballati e i «resoconti sul personale anno 1981», si legge sugli scatoloni. Dalle fotocopiatrici ai wc. Dalle cartelle cliniche coi contorni bruciati alle carcasse di letti arrugginiti. Su 32 padiglioni, almeno 7 sono in queste condizioni, mimetizzati tra le strutture aperte al pubblico. Quelle dell'Asl, che al Santa Maria della Pietà ha allestito per esempio neuropsichiatria infantile, il poliambulatorio, il Sert, l'ufficio per gli invalidi civili, case famiglia, la farmacia, i centri Antea per le cure palliative e l'ufficio veterinario. E anche quelle del XIX municipio, che qui ha trasferito anagrafe, ufficio tecnico e assistenza sociale in ambito scolastico. Anche in prossimità delle aree più frequentate il quadro non migliora. L'erba alta seppellisce pompe dei vigili del fuoco e siringhe, i sentieri sono disconnessi, i giochi dei bimbi inutilizzabili, ma soprattutto c'è sporcizia ovunque. Cumuli di scarti edili, cemento e calcinacci, sono stati scaricati a poche decine di metri dal dipartimento di igiene pubblica, il XV, che si affaccia sul piccolo campo nomadi che costeggia l'ingresso dell'Asl lato via Vinci. I resti dei falò notturni, così come le poltrone sudice disposte a mo' di salotto e le decine di bottiglie di birra, rendono evidente il fatto che se, durante il giorno, questa zona è frequentata da medici e pazienti, di notte si trasforma in rifugio per disperati. E pensare che alcuni operatori vorrebbero ristrutturare a patto di una concessione degli spazi sul lungo termine: «Abbiamo chiesto tante volte, dopo aver avuto una piccola sovvenzione per aprire il centro, di poter intervenire per ristrutturare l'edificio a nostre spese – racconta Giulia De Finis dal centro Habitat per l'Autismo, nel padiglione XIV – ma ci rispondono che non si possono fare attività private in strutture pubbliche, un peccato perché così i padiglioni fatiscenti potrebbero essere recuperati. Mandare in rovina strutture del genere è davvero un insulto alla miseria».