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A Rignano orchi solo immaginari

Olga Rovere, la scuola di Rignano Flaminio al centro dell'inchiesta per pedofilia

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A Rignano gli orchi non c'erano.L'asilo «Olga Rovere» non era la scuola dei mostri per il tribunale di Tivoli, che ieri ha assolto con formula piena «perché il fatto non sussiste» le tre maestre Marisa Pucci, Silvana Magalotti e Patrizia Del Meglio, il marito di quest'ultima Gianfranco Scancarello, autore tv, e la bidella Cristina Lunerti. Sei anni dopo l'avvio dell'inchiesta che ha sconvolto e spaccato il piccolo Comune sulla Flaminia, a nord di Roma, dunque, i giudici «non hanno dato credito alle accuse«, annuncia alle 18, dopo 9 ore di camera di consiglio, l'avvocato Pietro Nicotera, uno dei legali di parte civile che subito promette il ricorso in appello: «Non ci fermeremo qui». Il pm Marco Mansi il 2 aprile aveva chiesto la condanna a 12 anni per tutti gli imputati. Le accuse, a vario titolo e a seconda delle posizioni, erano di violenza sessuale di gruppo, maltrattamenti, corruzione di minore, sequestro di persona, atti osceni, sottrazione di persona incapace, turpiloquio e atti contrari alla pubblica decenza. Capi d'imputazione sempre respinti, però, dalla difesa, che aveva chiesto l'assoluzione degli imputati che ieri hanno evitato di raggiungere il Tribunale. La notizia è giunta loro per telefono, dopo il boato da stadio che la decina di amici e parenti ha levato al cielo davanti all'ingresso del tribunale non appena i cronisti in attesa sono riusciti a leggere dal labiale di un ispettore la parola «assolti» sussurrata ad un agente. «Si stanno sentendo male, non riescono neanche a parlare - urla di gioia la sorella di Marisa Pucci - è una cosa che non auguriamo a nessuno. Sono stati 6 anni durissimi, ma tutta la scuola e il paese erano con loro perché non c'era niente, è stato un processo basato sul nulla». Concetto ribadito pochi metri più avanti dal professor Franco Coppi, difensore degli Scancarello. «Purtroppo ci sono voluti sei anni, ma finalmente la chiarissima decisione dei giudici, che si richiama al primo comma dell'articolo 530 del fatto che non sussiste, parla da solo». Non abbastanza, però, per i legali delle famiglie. «Per carità, rispettiamo la decisione, ma non la condividiamo - premette l'avvocato di parte civile Luca Milani - e non ci aspettavamo questo esito. A nostro parere non soltanto gli abusi sono stati subiti dai bambini, ma credevamo che soprattutto le responsabilità degli imputati fossero assolutamente evidenti. A cominciare dai risultati dell'incidente probatorio, che erano stati assolutamente univoci, come le perizie». Risultati che per un altro dei legali della difesa, Giosuè Bruno Naso, equivalevano «all'assoluto nulla, perché in questo processo non è stato provato mai niente - scandisce l'avvocato della maestra Magalotti - E dire che il tribunale non ha mai lasciato nulla di intentato per appurare le accuse: sono state fatte indagini ad amplissimo raggio con il controllo di telefoni, computer, conti correnti e rapporti intercorsi tra gli imputati. Ma - conclude Naso - non è emerso neanche larvatamente un sospetto per ritenere fondate quelle accuse». Capi d'imputazione che avevano portato il 24 aprile 2007 all'arresto dei 5 indagati, scarcerati 17 giorni dopo dal dispositivo del Riesame, confermato dalla Cassazione. Secondo il pm Mansi, invece, erano stati consumati «atti di sevizia e crudeltà», che hanno riempito in questi 6 anni 12mila pagine di atti processuali. Il castello accusatorio, ora crollato, era fondato su una ricostruzione che vedeva bimbi fra i 3 e i 5 anni obbligati a «praticare reciprocamente su loro stessi atti di esplicita natura sessuale anche con l'uso di strumenti». Uno scenario da incubo che, «secondo quanto riferito dalle giovani vittime», le avrebbe viste coinvolte nel «gioco della puntura» e nel «gioco del pisello», nel corso dei quali «i bambini subivano penetrazioni o dovevano toccare i genitali e altre zone erogene degli adulti». Ma questi 5 adulti, alla sbarra per due anni esatti, dopo oltre tre anni di inchieste e 37 udienze rigorosamente a porte chiuse, sono stati scagionati. Ieri il tribunale di Tivoli è stato off-limits per cronisti, troupe tv e fotografi, in attesa per 9 ore. Fino alla sentenza che dice che a Rignano gli orchi non c'erano.

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