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Usura e riciclaggio, preso il boss manager

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Un imprenditore: «In due anni settantamila euro sono diventati oltre un milione»

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Ungiro d'affari infernale in cui è facile accedere e sembra impossibile uscirne. Ieri mattina gli agenti della Squadra mobile di Vittorio Rizzi hanno setacciato appartamenti, garage, locali. Hanno perquisito 40 immobili e indagato una decina di persone. Una l'hanno arrestata. È Vittorio Di Gangi, detto «Er Nasca». Ha superato i 60 anni e diverse peripezie giudiziarie, amicizie pericolose con soggetti di grosso calibro criminale, con l'ex cassiere della banda della Magliana, Enrico Nicoletti, fino ai trafficanti di droga. Ma libero, senza conti da saldare. Era nella sua villa bunker su via Appia Nuova, con telecamere puntate all'esterno e due monitor dentro dov'era possibile vedere le immagini. Quando ha visto gli agenti coordinati da Luca Armeni, della sezione Criminalità organizzata, si è infilato nel naso i tubi collegati alla bombola d'ossigeno e ha mostrato il suo malessere. Aveva però nascosto un pistola calibro 38 con matricola abrasa, motivo del suo trasferimento a Regina Coeli. Gli investigatori pensano che sia lui il nodo centrale di una rete di rapporti sanguisuga. Il modus operandi ricostruito dalla Mobile descrive tassi e maniere degli usurai. Erano capaci di gestire un notevole giro di denaro. Nell'arco di due anni facevano lievitare il debito di chi aveva avuto in prestito 70 mila euro fino a un milione. Di regola pretendevano un interesse che va dal 5 al 10% al mese. E se la vittima pagava in ritardo erano minacce e poi botte. Nella lista ci sono commercianti, imprenditori. In tutta la città a macchia di leopardo. Ci sono persone strozzate dalla crisi economica: cercavano qualche boccata di ossigeno da chi in realtà ha tolto loro anche l'ultimo fiato. Ma c'è anche chi viveva di rendita e aveva chiesto denaro forse per mantenersi qualche supervizio. «Ero in difficoltà - dice un imprenditore - non riuscivo a pagare i fornitori, i dipendenti. Le banche non mi aiutavano, trovavo le porte chiuse. Quando sei disperato e non sai dove sbattere la testa chi si offre di rimetterti in piedi sembra un salvatore. Come sono sembrate queste persone. Alla fine però ti rendi conto che è come se avessi fatto il patto col diavolo. Ti vogliono togliere anche l'anima». Una testimonianza che lancia un appello implicito: chi è nelle mani degli usurai denunci. Dall'abisso si può risalire. A Roma non sono tanti coloro che scrivono alle forze dell'ordine. Nel 2011 le denunce sono state solo 10. Solo ieri l'ultima violenza ai danni di un impreditore aggredito da due sconosciuti mandandolo all'soepdale S. Camillo con 30 giorni di prognosi. Dietro c'è l'usura. L'inchiesta è alle battute iniziali. Di Gangi fa parte di una famiglia capitata spesso nei guai con la giustizia, ma sempre riuscita a divincolarsi. Il fratello Salvatore è stato il fondatore dell'istituto di vigilanza Sipro. Nel 2005 è stato eletto presidente della sezione sicurezza dell'Unione industriali di Roma. Scrive la Sipro: «Sono state citate delle contiguità con presunti affiliati all'ex banda della Magliana. Tali affermazioni sono infondate e pertanto non corrispondenti al vero. Né la Sipro, né la governance o altri soggetti dell'azienda sono oggetto di inchieste».

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