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Da via Poma a Morena. La prova di Busco

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«Era una domenica. Ero con mia moglie e abbiamo impiegato 45 minuti»

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Laprova della sua innocenza. Da via Poma a Morena. La cita in aula uno dei due difensori di Raniero Busco, condannato a gennaio 2011 a 24 anni di reclusione per l'omicidio della fidanzata Simonetta Cesaroni negli uffici dell'Aiag il 7 agosto del 1990. È uno degli elementi che l'avvocato Paolo Loria porta a sostegno dell'estraneità al delitto del suo cliente. E quel «circuito» l'hanno provato anche Raniero e la moglie per verificare i tempi di percorrenza. Nella sua arringa Loria affronta i vari punti del processo. Le tracce biologiche, il morso al seno di Simonetta, il sangue sulla porta della stanza dell'omicidio, la gelosia della ragazza, i presunti depistaggi dell'imputato, l'alibi. E l'orario della morte. Se c'è una cosa sulla quale tutti concordano ormai è che la ventenne è stata uccisa fra 18 e le 19, anche perché alle 17,45 riceve l'ultima telefonata dalla «collega» Berrettini. Altro punto fermo: l'amico di Busco, Simone Palombi, giura di averlo trovato alle 19,45 di quel 7 agosto davanti al bar frequentato dalla comitiva di Morena. Conclusioni: «Per arrivare a casa Busco avrebbe dovuto volare - spiega Loria - Poi cambiarsi gli abiti imbrattati di sangue, infine tranquillizzarsi, lui che è una persona emotiva, e presentarsi sereno davanti al bar». Praticamente impossibile, anche perché, sottolinea ancora il penalista, ipotizzando che l'auto incontri metà dei semafori rossi e metà verdi, solo per arrivare da Prati a Morena ci vogliono almeno 40-45 minuti. Troppo per farcela. Lo ribadisce anche Franco Coppi: «L'orario è incompatibile con il delitto. E poi Busco è una persona emotiva. Il giorno della condanna è crollato fra le braccia della moglie e del fratello». Invece al bar è freddo e controllato. «E poi non si può giocare con i minuti - prosegue Coppi - Se il delitto è stato commesso in un orario prossimo alle 19, alle 19,45 Busco non può essere già a Morena». Si presuppone, infatti, che l'assassino abbia perso tempo in via Poma per una sommaria opera di ripulimento della stanza, che abbia attraversato mezza città, dal rione Prati all'estrema periferia nord-est, che si sia fermato a casa per lavarsi e cambiarsi i vestiti e, come ha spiegato Loria, che abbia anche avuto il tempo di «riprendersi» dallo «stress» di un omicidio così brutale. Ma anche l'imputato e la moglie Roberta Milletarì, una «donna coraggio» che l'ha sostenuto senza dubbi e cedimenti da quando è stato indagato cinque anni fa, hanno voluto provare a fare quel tratto di strada per verificare quanto tempo impiegavano. «Era una domenica, un po' prima della sentenza di condanna in primo grado - racconta Raniero - e siamo andati in auto insieme fino a via Poma. Poi siamo tornati indietro. Sono circa diciotto chilometri. E ci sono una sessantina di semafori». Risultato? «Abbiamo impiegato quarantacinque minuti», conclude il meccanico dell'Alitalia. Anche calcolando che nell'agosto del '90 c'erano meno traffico e meno semafori, i tempi non tornano. A proposito di tempi, infine, ci vorranno ancora poche ore e Busco saprà se anche per i giudici d'appello è colpevole o innocente. Mancano le repliche del procuratore generale Alberto Cozzella e dei legali di parte civile e le eventuali controrepliche della difesa. Poi la sentenza.

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