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Assenze e Acea i nodi dell'Aula

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«Purtropponelle prime sedute, quelle più formali, è sempre così, non è assolutamente una novità, avviene così da almeno vent'anni. I consiglieri di maggioranza e opposizione fanno un lavoro enorme, quindi evitiamo considerazioni frettolose - ha detto il primo cittadino - È inutile offendere i consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione semplicemente per l'assenza in un momento più formale che sostanziale. Quando cominceranno le votazioni ci sarà un'assemblea molto affollata e combattiva». Da sciogliere ancora tuttavia i nodi sulla composizione del Consiglio di amministrazione della nuova holding e la vendita del 21% delle quote Acea. Su quest'ultima, complessa vicenda, il consigliere capitolino del Pd ha tolto un velo importante. «È sconcertante che la vendita del 21% della partecipazione di Roma Capitale in Acea avvenga non attraverso una discussione pubblica in Aula Giulio Cesare, e quindi con apposita delibera votata dall'Assemblea Capitolina, ma attraverso due articoli, il 15 e 16 del dispositivo della proposta di Delibera n.32 sulla holding - ricorda Pelonzi - La giustificazione addotta dall'Amministrazione alla vendita del 21% di Acea è l'applicazione della legge che regola gli affidamenti diretti delle società quotate in Borsa. Faccio presente che lo stesso articolo citato nella proposta di Delibera, prosegue escludendo dalle fattispecie di affidamento il servizio idrico integrato e la distribuzione di energia elettrica, ma questo importante passaggio è stato volutamente omesso. Ciò premesso, l'unico punto che fa rientrare Acea nell'applicazione del D.L. n.138/2011 è il servizio di illuminazione. Si potrebbe ovviare a tale norma e quindi tenere il 51% delle azioni, con il semplice affidamento in gara da parte di Roma Capitale del servizio di illuminazione pubblica, gara alla quale peraltro potrebbe partecipare la stessa Acea. A tal riguardo chiedo al Consiglio di Amministrazione di Acea se l'incidenza dell'eventuale perdita del servizio di illuminazione pubblica sia tale da giustificare la vendita voluta dal socio di maggioranza. Per quello che ci è dato sapere - conclude l'esponente Pd Giulio Pelonzi - tale perdita è quantificata in 50 milioni di euro, a fronte di un Bilancio di 3,5 miliardi di euro». La vendita insomma non sarebbe obbligatoria, almeno fino al 2015, qunado comunque gli enti locali dovranno attestarsi al 30 per cento delle partecipate quotate in borsa. Il resto è solo opportunità, politica.

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