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Il Dna conferma. Il corpo è del piccolo Claudio

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Ora,purtroppo, è ufficiale. Il corpo ripescato il 29 marzo vicino al molo del circolo «Tre Nodi» di Fiumicino è del piccolo Claudio. Gli esami del Dna portati a termine dai carabinieri del Ris romano hanno permesso di accertare la cruda verità. Una verità già annunciata da alcuni dettagli e dalla logica, perché quel cadavere corrispondeva come peso e dimensioni a quello di un bambino di sedici mesi e perché sarebbe stata una coincidenza poco verosimile che un altro bimbo con quelle caratteristiche fosse finito nel Tevere nello stesso periodo. La triste notizia è già stata comunicata dai carabinieri ai familiari di Claudio Franceschelli e alla magistratura, che ha ordinato l'arresto del padre, Patrizio, di 26 anni. Fu proprio l'uomo, la gelida mattina del 4 febbraio a lanciare il figlio nel Tevere all'altezza di Ponte Mazzini. Poco prima lo aveva prelevato dalla nonna, che l'aveva in custodia, e aveva deciso di disfarsene in seguito all'ennesimo litigio avuto con la sua convivente, e mamma del piccolo. Lo snaturato genitore era stato arrestato con l'accusa di omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela. Ma il corpo di Claudio non si trovava. Le ricerche erano continuate senza risultati. Passò quasi un mese. Il 29 marzo due ragazzi notarono un fagottino nel fiume, all'altezza di Via Col del Rosso, e diedero l'allarme. Tutto faceva pensare che si trattasse proprio del piccolo gettato come uno straccio vecchio nel Tevere. Ma la lunga permanenza in acqua rendeva difficile un riconoscimento da parte dei parenti. Il pm Pierfilippo Laviani, titolare delle indagini sull'infanticidio, aveva chiesto di estrarre il profilo genetico dal cadavere e di compararlo con quello della madre di Claudio Franceschelli. Ma già la nonna del bimbo si era detta certa che quel corpo fosse del nipotino. «C'è il novantacinque per cento di probabilità che sia lui», aveva detto Rita Maccarelli tra le lacrime. E ieri il «detective in provetta» ha confermato la sua tragica convinzione.

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