L'avvocato sbaglia. Murati in casa

Èun'odissea dai risvolti tragicomici quella della famiglia Di Ruocco, papà, mamma e figlia che pochi giorni fa - in attuazione dell'ultima sentenza definitiva del giudice - si sono visti chiudere uno dei due ingressi alla villetta di loro proprietà in via Giorgio Sars, a Castel di Leva. Per l'altra entrata rimasta, un cancelletto, è questione di giorni: gli operai hanno avvertito che sarebbero tornati dopo Pasqua. Così non potranno più entrare. Né uscire. Questa storia ha inizio nel '98, quando il rapporto con i vicini da cordiale è diventato insostenibile. Questi ultimi rivendicavano l'utilizzo, in via esclusiva, della porzione di strada davanti alla loro casa, lamentando in particolare il fatto che i cancelli di ingresso della famiglia Di Ruocco ostruissero il transito. Con la prima citazione in giudizio i vicini chiedevano perciò la rimozione dei due cancelli: «Avremmo di certo vinto se all'ultimo, in fase istruttoria, la loro difesa non avesse apportato modifiche alle richieste iniziali, che non si limitavano più all'eliminazione dei cancelli ma includevano il riconoscimento della strada come privata, senza servitù di passaggio, come invece era». Così non è stato possibile produrre la documentazione che provasse quello status quo, a partire dagli atti dello stesso XVI Municipio che, nel '93, quando insomma i cancelli esistevano già da anni, riconoscevano via Sars come strada privata sì, ma a servitù di passaggio. Nelle tappe fino alla Cassazione, ci si perde forse più nei meandri della burocrazia che del buonsenso. Prima il Municipio «cambia opinione, affermando che si tratta di area privata senza servitù», poi la controparte fornisce «documentazione errata, è stato fatto credere che questi non sono gli unici accessi a casa nostra, che ne esiste un ulteriore sul retro, fatto questo smentito anche dalle visure». Infine un errore «di forma» dell'avvocato dei Di Ruocco, a causa del quale il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Cassazione e dunque scatta la conferma della seconda sentenza d'appello: chiusura di entrambi i cancelli. Mamma Concetta, malata di cuore perciò invalida al 67%, dopo anni passati a visionare carte e 90mila euro in meno in banca, quelli «investiti» in spese legali, non sa se è meglio ridere o piangere. Ha scritto a Napolitano, ad Alemanno, senza ottenere risposta: «Questa è violazione della proprietà privata, della libertà personale». Il 2 aprile i consulenti del Tribunale si sono presentati al civico 62 di via Sars con gli operai. Mattone dopo mattone, è stato sbarrato il primo cancello, riverniciato il muro e rimosso il civico: «Da allora non arrivano più neppure le bollette, ci è stato tolto il domicilio al quale essere reperibili». In quell'occasione la famiglia, sconvolta, con il tramite del rappresentante de La Destra del XVI Municipio, Bruno Angelini, è riuscita a portare sul posto il minisindaco Fabio Bellini, il quale ha firmato un'ordinanza di sospensione dei lavori inoltrando chiarimenti ai giudici che si sono pronunciati sul caso. Ma la sentenza resta: «Ci hanno detto che verranno a giorni, andremo sotto un ponte?». L'epilogo rende giustizia al tenore dell'intero racconto: «Il costo dei lavori di muratura, circa seimila euro, è a carico nostro, perché paga chi perde».