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Uno dei 3 agenti arrestati al Gip: Ho solo eseguito gli ordini

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Vicari: accompagnavo i miei superiori dove c'erano gli abusi

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Sisono svolti ieri in procura gli interrogatori di garanzia degli agenti della Polizia di Roma Capitale Duilio Valente e Giancarlo Vicari, e del geometra Francesco Belmonte, protagonisti di richieste e pagamenti di presunte mazzette riguardanti la ristrutturazione di un vecchio magazzino in via della Luce e di un appartamento in via Natale del Grande, entrambi nel quartiere Trastevere. Cinque, va ricordato, il numero degli agenti iscritti sul registro degli indagati - tutti appartenenti al Primo Gruppo guidato dal comandante Stefano Napoli - e per i quali i pubblici ministeri Laura Condemi e Ilaria Calò avevano chiesto al Gip di emettere provvedimenti di custodia cautelare. Altre tre persone appartenenti al Corpo, sarebbero invece indagate per un'altra vicenda, un filone dell'inchiesta che non riguarderebbe fatti legati alle denunce degli imprenditori Bernabei e del professionista Lingria. E mentre Duilio Valente si è avvalso della facoltà di non rispondere, il collega Giancarlo Vicari, assistito dagli avvocati Antonio Petrangolo e Roberto Accivile avrebbe detto al Gip Filippo Steidl di aver solo svolto il suo lavoro e obbedito agli ordini dei superiori. Avrebbe compiuto una serie di provvedimenti amministrativi e giudiziari in considerazione delle direttive impartitegli dai vertici dell'ufficio Edilizia e Commercio della Municipale di viale Trastevere. Quindi, avrebbe sottolineato, nessun illecito e nessun comportamento al di fuori delle sue mansioni. Il geometra Francesco Belmonte, difeso dall'avvocato Danilo Laurenti, ha a sua volta respinto le contestazioni mossegli dalla Procura, chiedendo al Gip, come gli altri indagati, la revoca della misura restrittiva. Decisione su cui il Gip si è riservato di esprimersi nei prossimi giorni. I fatti, va ricordato, sarebbero accaduti dal 2008 all'inizio dell'estate dello scorso anno. Nel caso di via della Luce, secondo l'esposto di Silvio Bernabei ai vigili urbani e al Campidoglio, e le denunce del fratello Paolo più tardi ai pubblici ministeri coordinati dal procuratore aggiunto Alberto Caperna, la cricca avrebbe chiesto 40mila euro per una dichiarazione di inizio attività, in due tranche: una prima di 9.600 euro come parcella di Belmonte, e un'altra di 30mila euro che avrebbe chiesto sempre il tecnico per accontentare gli appetiti dei vigili urbani, uno dei quali, Valente, avrebbe fatto a Bernabei proprio il nome di Belmonte come la persona giusta per seguire l'iter dei lavori. Lavori per i quali più tardi, l'imprenditore, sarebbe stato denunciato per abuso edilizio. Mentre Vicari, che ieri avrebbe riferito ai magistrati di aver solo accompagnato i suoi superiori, in qualità di autista, nel luogo in cui sarebbero avvenuti gli abusi, sempre secondo il racconto del grande accusatore, si sarebbe ripresentato in via della Luce un anno dopo la fine dei lavori, per verificare l'abuso edilizio segnalato con un esposto alla Municipale da un residente nella stessa via. Un falso esposto, come poi denunciato ai carabinieri dal sedicente residente, il cui nome sarebbe stato utilizzato solo come scusa per tornare a chiedere altri soldi al ricco imprenditore del vino. Altri soldi, invece, circa 20mila euro, sarebbero stati dati sempre alla coppia Belmonte - Valente dal professionista Lingria e dalla compagna Federici, per il dissequestro di un appartamento di via Natale del Grande, dove, sempre grazie ad un esposto, i vigili urbani avrebbero riscontrato un abuso edilizio in corso. Secondo la denuncia del professionista, Valente, all'epoca custode giudiziario del locale sequestrato, avrebbe ricevuto 12mila euro in contanti davanti la Casa del Tramezzino, noto bar di viale Trastevere, che si trovava davanti agli uffici della Municipale.

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