Municipi Serve la prova di maturità
Adessola partita è tutta tra regione e comune. Al di là dei tecnicismi tuttavia, Roma è un ente speciale e con esso si sperimenta per la prima volta una forma di federalismo che rappresenta un'occasione unica. Anche per i parlamentini locali. Il famigerato "decentramento" può essere, a quasi due lustri dalla coniazione, attuato. Poco importa dal punto di vista di gestione del territorio se i municipi si "restringeranno" da 19 a 15. La battaglia adesso non è su quanti saranno ma su cosa saranno chiamati a fare. E il momento per riscrivere un regolamento amministrativo efficace è arrivato. Il nuovo statuto di Roma Capitale dovrà essere approvato comunque entro Natale. Poi sarà piena campagna elettorale. Ma la classe dirigente, di tutti gli schieramenti è pronta alla sfida? Una domanda che nasce spontanea davanti al silenzio del Campidoglio proprio sul futuro dei parlamentini locali, difesi più da qualche consigliere regionale che dagli eletti in Aula Giulio Cesare, dove l'argomento è tabù. E ancora, i municipi sono pronti ad assumersi una maggiore responsabilità? Difficile dirlo davanti all'ultimo fenomeno delle dimissioni fallocche dei presidenti. Un "virus" bipartisan che ha colpito prima il V Municipio, guidato ora dall'Api di Rutelli, poi il I con il Pd; ancora il VI, sempre Pd e da ultimo il II con il Pdl. In tutti questi casi i minisindaci hanno presentato formali dimissioni per crisi di maggioranze in fermento. Tranne il parlamentino dei Parioli (le dimissioni della presidente De Angelis aspettano i 20 giorni canonici per essere esecutive o ritirate), in tutti gli altri casi la remissione del mandato si è dimostrata una mera prova di forza di presidenti, incapaci di tenere salda la maggioranza, nei confronti di dirigenze di partito ancora più fragili. Solo un paio di giorni fa e a ridosso della scadenza dei venti giorni previsti dalla legge per renderle effettive, il presidente del VI Municipio, Giammarco Palmieri ha ritirato le sue dimissioni. La mozione di sfiducia presentata dal Pdl, si discuterà il 19 aprile. Considerato che il bilancio capitolino è stato bocciato dal parlamentino di centrosinistra del Pigneto, è facile dedurre che la maggioranza si è ricompattata. Ma è davvero questa la politica di una grande Capitale e di "minisindaci" chiamati a governare territori grandi come città medie di provincia? Il "giochetto" delle false dimissioni offende gli elettori almeno quanto il principio del buon governo che si deve nei parlamentini locali. Come chiedere altrimenti più poteri e dignità politica? Sus. Nov.