Centurioni, protesta in cima al Colosseo
IlCampidoglio ne aveva ordinato l'allontanamento dopo l'ultimatum antidegrado della Soprintendenza dei beni archeologici. Ma loro, al grido di «fatece lavora'», hanno imbracciato scudi e spade per riprendersi «un lavoro che ci spetta di diritto e con cui diamo da mangiare alle nostre famiglie». Nel corso dell'ultima operazione condotta dalla polizia municipale erano scattate 30 denunce e altrettante diffide, fatto questo che ha dissuaso i figuranti dal presentarsi all'ombra dell'Anfiteatro fino a ieri mattina, quando quattro di loro, dopo aver pagato il biglietto, hanno raggiunto il primo anello del Colosseo con l'intenzione di restarci «fino a quando il Comune non ci permetterà di tornare a lavorare». Tutt'intorno, turisti perplessi, più che il monumento fotografavano striscioni di protesta: «Con il tesserino numerato il turista non è più fregato e il sòla è smascherato». Il delegato alla Sicurezza del sindaco Alemanno, Giorgio Ciardi, sul posto insieme al comandante del primo Gruppo Stefano Napoli, ha fissato un tavolo di confronto per martedì alle 11: «Fino ad allora – hanno risposto i centurioni – staremo qui». L'accordo è poi arrivato intorno alle 16, quando a fronte di un impegno scritto dell'amministrazione a discutere del problema i gladiatori hanno desistito «come segno di rispetto nei confronti dei cittadini e del sindaco Alemanno in vista dell'incontro in Campidoglio». L'intervento contro il degrado di mercoledì era stato disposto dall'assessore al Commercio Davide Bordoni, che in pratica ha recepito i contenuti della lettera con cui la soprintendente Mariarosaria Barbera disponeva lo sgombero di figuranti e ambulanti entro il 6 aprile, in vista della Via Crucis del Venerdì Santo. Dopo ore di confronti estenuanti, i 30 centurioni si erano arresi al plotone di 80 vigili. Solo una tregua. Al «quarto giorno senza stipendio» hanno suonato la carica. Ieri erano in trenta, in abiti «civili», con mogli al seguito, intenzionati a «essere regolarizzati». Assieme alla diffida che gli impedisce di lavorare, esibivano anche copia del protocollo d'intesa firmato nel 2003 dall'allora assessore al Commercio Valentini, con cui l'amministrazione si impegnava a proporre alla soprintendenza la modifica dell'area vincolata attorno al Colosseo prospettando un albo per l'esercizio dei mestieri di strada. Dal primo anello dell'anfiteatro, braccia e spade alzate al cielo, i colleghi incitavano: «Diteglie che ce facciano lavora', vogliamo solo dar da mangiare ai nostri figli». La trattativa l'ha portata avanti Ciardi, il quale ha proposto la convocazione di un tavolo per martedì mattina «per individuare un percorso che metta fine a una situazione ibrida che riguarda tutti i mestieri di strada, potremmo proporre un numero massimo di presenze a rotazione stabilendo dei criteri che si basino anzitutto sugli anni di attività». La «longevità» lavorativa è del resto la base da cui partono le rivendicazioni dei legionari, che chiedono di essere regolarizzati e dotati di un tesserino di riconoscimento: «Lavoriamo qui dal '95 – riassume il pensiero di tutti David – con i circa 40 euro al giorno che guadagnamo manteniamo i figli, ma soprattutto offriamo un servizio alla città: sapete quanti turisti aiutiamo dando informazioni, o quanti disabili facciamo salire al Colosseo che non è attrezzato per loro?». Dicono che, a causa delle «mele marce», non possono pagare tutti: «Anche noi qui garantiamo l'ordine, mandando via gli stranieri che truffano i turisti». C'era anche Licia, moglie di un gladiatore che nel 2003 dormì dentro al Colosseo per venti notti: «Ad ogni cambio di amministrazione ci troviamo a protestare – grida – ma sanno che con questo lavoro ci mangiano 30 famiglie romane?».