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Una poltrona nei cda spacca il Pd romano

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Sipasserebbe da tre a cinque con un posto blindato per il Pd che, in parte, non disdegna. Per questo, e non solo, gli indirizzi votati dall'assemblea capitolina sull'aumento di capitale e l'allargamento delle due municipalizzate inizia a spaccare il Pd. Ieri una durissima nota dei due esponenti romani del partito, i deputati Michele Meta e Roberto Morassut. «Gli indirizzi votati dall'assemblea capitolina in ordine all'aumento di capitale per alcune società partecipate dal Campidoglio, ed il relativo ampliamento dei Cda, vanno nella direzione opposta ad una politica di rigore e di moralizzazione che riguarda anche gli enti locali. Mentre a Milano la giunta Pisapia adotta un regolamento per le nomine nelle partecipate con procedure trasparenti e basate sul merito, oltre ad indicare rigide incompatibilità, a Roma la giunta Alemanno persevera nel metodo della spartizione tra partiti e correnti di partito. Il Pd, come da noi proposto un anno fa - ricordano i due - deve sollecitare la riforma della governance delle aziende capitoline. In attesa di fare questo, urgono atti unilaterali al fine di imporre transitoriamente amministratori unici, evitando il rinnovo dei Cda con queste regole, e piani industriali efficaci per una nuova stagione. Se questi criteri valgono per la Rai, come sollecita giustamente il segretario Bersani, a maggior ragione devono valere per il sistema delle aziende capitoline e per i servizi pubblici locali. Conseguentemente, il Pd deve uscire dai Cda delle aziende romane». È da tempo che una parte del Pd chiede alla componente capitolina di uscire dai Cda delle municipalizzate romane. Lo chiede dai tempi dello scandalo parentopoli in Ama e Atac. Ma lo chiede invano. Non solo nessun componente dell'opposizione seduto sulla poltrona delle tante aziende capitoline si è mai dimesso ma su molte vicende tacciono. Un atteggiamento assai curioso in un momento in cui proprio i componenti dei Cda in minoranza dovrebbero alzare la voce, gridare allo scandalo e dare una mano a un'opposizione che si prepara alla campagna elettorale. Sulla vicenda era intervenuto un paio di giorni fa anche il presidente della Provincia, Nicola Zingaretti che «pur non conoscendo il caso» ritiene comunque un errore allargare i Cda e anzi, si dovrebbe dare esattamente il messaggio opposto. La domanda a questo punto nasce spontanea: chi comanda, davvero, nel Pd?

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