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Truffa dei punti verdi L'inchiesta si allarga

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Il Gip: Volpe indicava agli imprenditori ditte fantasma o fallite vincitrici del bando

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Il Nucleo di polizia tributaria ha scoperto una presunta truffa per circa due milioni di euro. Soldi che sarebbero stati ottenuti con mutuo bancario per lavori al «Parco Spinaceto», tra Eur e Torrino, documentati con fatture false ma in effetti mai eseguiti. Ora lo sguardo degli investigatori si estende a 16 aree verdi riqualificate sulle 63 indicate dalla delibera comunale del '95. Nelle circa 60 pagine dell'ordinanza di misura cautelare firmate dal gip Bernadette Nicotera, la presunta "mente" della cricca sarebbe stato l'architetto Volpe. Sarebbe stato lui a segnalare a Dolce e Bernardini i punti da scalare, «perché intestati a società fantasma o perché fallite e già chiuse». E sarebbe stato lui a mettere a disposizione dei due una stanza del Comune. Scrive il giudice: «Massimo Dolce e Stefano Volpe lasciano esplicitamente intendere che truffe e fenomeni corruttivi sono stati commessi e sono in atto anche con riferimento alla realizzazione di altri punti verdi di qualità, in particolare quello di Parco Feronia (gestito dalla sorella di Gennaro Mokbel dello scandalo Fastweb-Telecom Sparkle, indagata nell'inchiesta, ndr), e quello di parco Kolbe... In realtà è stato proprio Volpe a instradare Dolce e Bernardini al business del punti verdi, a promettere loro di acquisire illecitamente alcuni di essi». Ai procuratori aggiunti Antonio Caperna e Nello Rossi, titolari dell'indagine assieme ai pm Francesco Minisci Giorgio Orano e Alberto Pioletti, la tecnica l'avrebbe spiegata Daniele Panzerotto, ex collaboratore di Bernardini e Dolce, nipote di quest'ultimo, avvicinato dagli imprenditori nell'ottobre 2010 e presentatosi in procura come testimone nel dicembre dell'anno dopo. In particolare, Panzerotto avrebbe riferito come facevano i due a subentrare a un titolare di punto verde, passaggio vietato dalla norma comunale. «Praticamente - mette a verbale - loro che cosa facevano? Stefano (Volpe, ndr) gli individuò una lista di punti verdi che erano buoni, che erano stati vinti da realtà che erano fallite o stavano per fallire... Loro erano molto bravi, li coinvolgevano dicendo: "Dai che siamo soci, stiamo tutti quanti insieme". Cercavano di trovare le varie strade per acquisire queste cose... Quindi "Pino Lecce" è venuto in questo modo. Loro hanno creato la Pat srl... La Pat era quella che aveva vinto il bando, era una snc. Loro crearono la Pat srl... e hanno praticamente detto al Comune: "Guarda, prima mi chiamavo Pat snc, adesso sono io Pat srl, quindi il punto vendita è mio". Però qual è il problema? Che dopo fatto questo andava autorizzato da parte del Comune». Quindi serviva la determinazione dirigenziale. «Le dovrebbe preparare Stefano Volpe - continua Panzerotto - nove su dieci le preparava tutte quante Marco Bernardini... Solitamente funziona così: quando Stefano (Dolce, ndr) firma la parte tecnica, la persona che sta sopra, che è l'amministrativo, firma. Non è che ha un titolo per andare a dire "no, tu quello che hai firmato non lo puoi fare". Siccome si conoscono da diverso tempo c'è fiducia reciproca, quindi solitamente si vedono la firma di Stefano Volpe "per me va bene". Dopodiché andava tutto quanto al capo del dipartimento che all'epoca era Paolo Giuntarelli che mio zio mi disse: "Sai questo lo conosco dai tempi della Dc, è un mio amico"». Stesso modus operandi - spiega ancora Panzerotto, sarebbe stato messo in atto da Dolce e Bernardini per gli affari gestiti tramite la coop Millennium, su altri punti verdi denominati «Torrevecchia» e «Casa Calda». Le indagini sono solo all'inizio.

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