«Il senso del dovere mi ha portato a cercare di salvare quello che avevo creato.
Fuggirenon sarebbe stato razionale. Questa scelta però mi è costata cara dal punto di vista della libertà personale». È quello che ha dichiarato ieri mattina Gianfranco Lande, noto come il Madoff dei Parioli, interrogato nel corso del processo che lo vede sul banco degli imputati perché accusato di un raggiro in investimenti finanziari ai danni di esponenti della Roma bene. È ormai infatti quasi un anno che Lande si trova in carcere, dopo essere stato arrestato il 24 marzo del 2011. È la quinta udienza che il collegio della IX sezione, presieduto da Carmelita Russo, davanti al quale si celebra il processo, dedica all'interrogatorio del Madoff dei Parioli e sono previste altre due udienze per terminare l'esame dell'imputato. «Non esiste alcun tesoretto - ha riferito Lande rispondendo alle domande del suo legale, l'avvocato Salvatore Sciulllo - non ci sono soldi o altri fondi accantonati nascosti. Se fosse esistito un tesoretto, queste somme sarebbero state usate per pagare i clienti creditori». In merito ai suoi rapporti con il presunto socio Roberto Torregiani, amministratore della Eim società, i cui clienti poi confluiranno in quelle di Lande: «Mi sono ritrovato tra capo e collo le difficoltà di Torregiani - ha affermato Lande - anche in quel caso ho pensato che l'unica soluzione fosse quella di gestire il problema e provare a salvare la situazione». In merito ai presunti rapporti negativi tra Lande e Torreggiani, al Madoff è stato contestato da una parte civile di essere andato insieme al socio a Torino a casa di una investitrice che voleva ritirare i 300mila euro che gli aveva affidato. Nel corso delle precedenti udienze, quando ha dovuto rispondere alle domande del pubblico ministero Luca Tescaroli, Gianfranco Lande ha sempre respinto le responsabilità, accusando invece i suoi ex soci, sostenendo che per anni gli avrebbero addirittura nascosto la maggior parte dei clienti che avevano.