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Riciclavano biglietti di autobus e metro

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L'ignaro acquirente restava ignaro. Comprava il biglietto, lo usava e poi lo buttava. Ma i soldi del tagliando non finivano nelle casse dell'Atac. Servivano a rimpinguare i portafogli di alcuni dipendenti «infedeli» dell'azienda di trasporti e dei titolari compiacenti di bar, edicole e internet point. Una truffa da mezzo milione di euro scoperta dalla Guardia di Finanza, che ha indagato quattordici persone per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata, all'appropriazione indebita e alla falsificazione di biglietti di pubbliche imprese di trasporto. L'indagine, coordinata dal sostituto procuratore Alberto Pioletti e condotta dal Nucleo di polizia tributaria, è nata da una denuncia della stessa Atac. Alcuni dipendenti della società ritiravano nei distributori automatici presenti nelle varie stazioni del metrò i tagliandi invenduti, da concentrare presso i depositi dell'azienda. I ticket, così com'erano, non potevano essere utilizzati perché non avevano il codice magnetico attribuito dall'erogatore al momento del pagamento del corrispettivo da parte del viaggiatore. Così venivano riciclati, dopo avervi apposto in maniera illecita un codice che li rendeva riconoscibili dai lettori dei tornelli. Ma i biglietti distribuiti dalle «macchinette» non sono uguali a quelli in vendita presso bar, edicole e altri esercizi. Perciò, a questo punto, entravano in gioco una serie di commercianti compiacenti che li smerciavano a ignari cittadini. Per smascherare la truffa e individuare gli esercizi commerciali che si occupavano della rivendita al pubblico, a gennaio e a febbraio le Fiamme Gialle hanno portato a termine con l'ausilio di personale Atac una serie di controlli dei titoli di viaggio in possesso dei viaggiatori in alcune fermate della metropolitana. Le verifiche sono state eseguite inibendo elettronicamente ai tornelli la codifica magnetica utilizzata dai falsari e sentendo poi i passeggeri trovati in possesso dei tagliandi alterati per scoprire dove li avevano acquistati. In questo modo si è risaliti a 13 esercizi commerciali, tra edicole, bar e internet point. Per ora il raggiro ai danni dell'Atac riguarda alcune centinaia di migliaia di tickets, per un valore commerciale di circa 500.000 euro. Ma gli accertamenti sono ancora in corso e ieri mattina le Fiamme Gialle hanno hanno eseguito oltre 30 perquisizioni nei confronti di altrettante società e delle abitazioni dei titolari, nel corso delle quali sono state individuate altre ditte e sequestrati ulteriori 7.000 biglietti falsi. «Già dall'agosto 2011, ad appena tre mesi dal loro insediamento ai vertici dell'Azienda, l'Amministratore delegato Carlo Tosti e il Direttore generale Antonio Cassano avevano avviato un'azione di controllo interno sui principali cicli organizzativi e industriali - fanno sapere dall'Atac - Nell'ambito di questi controlli, sono emerse anomalie nella lettura dei titoli da parte delle macchine validatrici». È stato così scoperto che i biglietti «esclusivamente destinati ad essere emessi dalle macchine automatiche (cosiddette MEB, acronimo per macchine emettitrici biglietti) venivano» ceduti in rivendite sul territorio. Una volta entrata in possesso dei biglietti «irregolari», l'Atac ha identificato il «circuito parallelo di distribuzione dei titoli». E «l'applicazione del codice a barre» su tutti i biglietti dell'azienda ha garantito la loro «tracciabilità dalla fase di produzione a quella della vendita». Uno stratagemma che dovrebbe scongiurare truffe-fotocopia. Non è la prima volta che viene perpetrato un raggiro simile. Nel novembre dell'83 tre persone finirono in cella e altre quattro vennero denunciate con l'accusa di associazione per delinquere, truffa aggravata e ricettazione. Avevano messo in circolazione decine di migliaia di biglietti del bus falsi, con un sistema molto più artigianale di quello venuto alla luce ieri. L'attività illecita durò cinque-sei mesi prima di essere scoperta e causò all'azienda un danno di due miliardi di lire al mese. Non solo. Dallo smercio dei tagliandi vennero temporaneamente escluse edicole e tabaccherie. E i romani per alcuni giorni furono costretti a comprare i biglietti direttamente ai capolinea dei mezzi pubblici.

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