Laboratorio orafo preso d'assalto da tre banditi armati di pistola
Nonhanno esitato a entrare in azione in pieno giorno e in una zona centrale della metropoli. Hanno arraffato tutto l'oro e l'argento che potevano e poi sono fuggiti a piedi. Bottino: circa 140 mila euro di metallo prezioso. L'ennesima rapina a mano armata nella Capitale ha avuto per teatro il rione Prati, dove il 5 luglio del 2011 fu assassinato Flavio Simmi, che gestiva con il padre una gioielleria in piazza del Monte di Pietà. Simmi cadde sotto i nove colpi esplosi dai killer in via Riccardo Grazioli Lante, a pochi metri dal luogo della rapina di ieri mattina. Erano le 9,30 quando tre uomini con il volto coperto, uno con un passamontagna, uno con una sciarpa sul viso e il terzo con un cappuccio, hanno fatto irruzione in un laboratorio orafo che si trova in una palazzo di via Faà di Bruno. All'interno c'erano il titolare di 71 anni, il socio di 54 e il figlio di quest'ultimo, appena ventenne. I tre banditi, due dei quali erano armati di pistole (una rivoltella e una semiautomatica), hanno minacciato gli orafi e si sono fatti consegnare 48 chilogrammi d'argento (puro all'80 per cento) e un chilo e mezzo d'oro, per un valore totale di 140 mila euro. Quindi si sono dati alla fuga, presumibilmente a piedi perché nessuno li ha visti salire su un'auto. Sul posto, invece, hanno abbandonato un furgone Fiat Fiorino bianco con il quale erano stati visti arrivare davanti al laboratorio. Sono in corso accertamenti per verificare se il veicolo fosse stato rubato, com'è probabile, o meno. Inizialmente si è sperato che le telecamere a circuito chiuso della bottega artigianale avessero immortalato il colpo. Invece è risultato che l'impianto di videoserveglianza era fuori uso da circa un mese. Subito dopo l'allarme lanciato dalle vittime della rapina, gli agenti del commissariato Prati diretti da Bruno Failla hanno portato a termine una massiccia e capillare battuta in zona. Ma i tre predoni dell'oro avevano già fatto perdere le loro tracce. Forse li attendeva un quarto complice a bordo di una vettura oppure, come è successo in alcuni casi, per allontanarsi dal quartiere hanno utilizzato i mezzi pubblici. Che la criminalità romana in tempi di crisi sia più agguerrita è dimostrato dalla lievitazione dei cosiddetti reati predatori. Nei dodici mesi che vanno dall'agosto 2010 all'agosto 2011, malgrado l'attività di prevenzione e repressione delle forze dell'ordine, i furti sono cresciuti del 9,57 per cento e le rapine del 15,62%. E i malviventi non si fanno scrupolo di scorrazzare in zone centrali della Capitale. Il primo febbraio in via Vittoria, a due passi da piazza di Spagna, una banda (detta delle Pink Panthers) prese d'assalto la gioielleria Roberto Coin. La rapina fruttò preziosi per un valore di circa un milione e mezzo di euro. Pochi giorni dopo gli uomini della Mobile riuscirono ad arrestare il presunto basista del colpo: il serbo montenegrino Marianovic Mitar, 60 anni, già finito in manette in passato per altre rapine in città.